La “resistenza passiva” come “attentato contro l'autorità”: il ministro dell'interno spagnolo Josè Fernandez Diaz ha annunciato alcune delle nuove misure che il governo spagnolo porrà al vaglio parlamentare relativamente ai nuovi codici di sicurezza interna al regno di Juan Carlos. Le intenzioni vorrebbero un fortissimo inasprimento delle pene per i reati legati a violenze di piazza offrendo così un deterrente, secondo il ministro, ai “violenti”; con l'esplosione della crisi in Europa le guerriglie urbane che si sono registrate nel vecchio Continente, a Londra nell'agosto scorso, ad Atene e a Roma in ottobre, per fare qualche esempio, fanno mostrare ad alcuni governi una muscolatura che sa tanto di dittatura. La riforma del codice penale in Spagna, sulla quale si discute da molto tempo, vede oggi l'arrembaggio di alcune proposte di legge decisamente antidemocratiche; secondo il ministro Fernandez Diaz un “inasprimento delle pene è necessario per combattere una spirale di violenza praticata da collettivi anti-sistema” con vere e proprie “tecniche di guerriglia urbana”. Ricalcando in buona parte le misure antidemocratiche che vari governi spagnoli hanno adottato nei Paesi Baschi per fronteggiare il terrorismo dell'Eta, le proposte del ministro degli interni inquietano molto i numerosi movimenti di protesta nonviolenti nati spontaneamente in Spagna negli ultimi 2-3 anni. Un maggior controllo dell'ordine pubblico dunque preoccupa non poco, a partire da coloro i quali aderirono all'imponente manifestazione di Puerta del Sol a Madrid: condanne più severe per coloro che parteciperanno a manifestazioni violente (verrebbe qui punita la partecipazione e non l'atto violento) ma, cosa che lascia letteralmente di sasso, potrebbero essere i nonviolenti a subire le conseguenze più antilibertarie dei provvedimenti spagnoli. L'istituzione del reato di “minare le autorità con resistenza passiva o attiva” è figlio del degrado democratico su cui una parte del Vecchio Continente dovrebbe cominciare a riflettere: condannare per aggressione chi fa della resistenza passiva è un'idea che non sarebbe venuta in mente nemmeno al vecchio Presidente Nixon; altrettanto, condannarle per il solo fatto di aver partecipato a manifestazioni spontanee è strettamente legata ad un'idea franchista di libertà individuale e di pensiero. Non solo la partecipazione, ma anche la diffusione in rete di materiale “violento” o “inquietante per l'ordine pubblico” potrebbe essere passibile di reato: un delitto ideologico che riporterebbe la Spagna all'autodafè, indietro di almeno 800 anni. Pubblicizzare un evento non autorizzato o inneggiare alla resistenza passiva, come avvenuto nel maggio scorso proprio a Puerta del Sol, potrebbe (e si spera resti condizionale) diventare un reato in terra iberica. Vigilare sul mantenimento di tutte le libertà personali conquistate da secoli di riflessioni e decenni di battaglie è importante sopratutto in periodo di crisi economica, nei quali troppo spesso si approfitta delle contingenze per limitare proprio tali libertà: il dibattito che si aprirà in Spagna in tal senso rende evidente proprio tale importanza. agenziaradicale.com link alla notizia: tinyurl.com/bnelpl7 [3]
Fonte: http://radicaligenova.iobloggo.com/600/-spagna-resistenza-passiva-il-reato-della-nonviolenza [4]