Di Gabriella Monteleone, da “Europa”, 13-04-2012
Diamo per scontato che il nostro sia un paese il cui impianto morale, sociale e giuridico si basa sul rispetto dei diritti fondamentali della persona. Dobbiamo ricrederci. Per quanto scomodo, e doloroso, dobbiamo ammettere che i diritti umani vengono costantemente violati dalla oggettiva situazione di sovraffollamento e decadimento delle nostre carceri e pure dei Centri di identificazione ed espulsione sparsi in Italia. Non è più, solo, l’instancabile Pannella a intonare il de profundis della dignità e dei diritti della persona – perché tale è anche il detenuto e a maggior ragione chi ha commesso solo un illecito amministrativo come il clandestino.
Anche la Commissione diritti umani del senato, presieduta da Pietro Marcenaro del Pd, nel rapporto approvato all’unanimità il 6 marzo dopo una lunga serie di audizioni, ne denuncia tutte le violazioni, lancia l’allarme, grida la necessità di introdurre il reato di tortura nel nostro ordinamento per prevenire altri casi “Bolzaneto” o di agenti ritenuti «responsabili senza alcuna possibilità di dubbio di torture di detenuti» e assolti «per mancanza della norma necessaria» (sentenza del Tribunale di Asti del 30 gennaio scorso).
Il Rapporto, presentato ieri alla Fnsi (e martedì prossimo a palazzo Giustiniani alla presenza del ministro Severino) richiama le varie condanne della Corte europea dei diritti dell’uomo sulla nostra situazione carceraria e sul sovraffollamento (caso Scoppola nel 2006 e caso Sulejmanovic nel 2009) e i reiterati richiami del Comitato dei ministri del Consiglio Ue.
Lo stato delle cose ci racconta che solo nel 2011, su 186 persone decedute nei nostri penitenziari, 63 si sono suicidate: a fine febbraio i detenuti erano 66.632 (più del 30% stranieri, il 40% tossicodipendenti) ma di posti – umani – ce ne sarebbero 45.742. Numeri? Persone piuttosto, delle quali peraltro solo 38.195 con condanna definitiva.
Come fanno quelli che “resistono”? Lo ha svelato con coraggio il segretario dell’Osapp, Leo Beneduci: almeno 16mila «sono trattati con dosi massicce di psicofarmaci». Valium, antidepressivi e via. Ma se ne fa un gran uso anche nei Cie, «posti dove ragazzini spauriti vivono a fianco con delinquenti incalliti – ha denunciato ieri Marcenaro – dove i migranti vengono tenuti in gabbie come animali».
Cosa si può fare? Qualche passo avanti c’è stato, il Rapporto è stato approvato all’unanimità, «segno di un cambiamento politico su questi temi» nota ancora Marcenaro. Roberto Natale, presidente dell’Fnsi, apprezza la circolare del ministro Cancellieri che a dicembre ha aperto ai giornalisti i Cie (anche se perdurano molte resistenze) ma denuncia «l’ossessione securitaria che ha distorto il dibattito in Italia su carceri e Cie» e della quale «l’informazione è stata succube».
Il governo Monti ha tentato di prendere di petto l’emergenza varando come primo provvedimento il «pacchetto carceri» che aiuterà, ma che a chiamarlo “svuotacarceri”, come pure è stato fatto, ci vuole un bel coraggio.
La crisi incalza, i soldi mancano e al momento solo meno della metà dei fondi dell’otto per mille del 2011 (57 milioni ) sono destinati all’edilizia carceraria e alle condizioni di vita nelle prigioni.
Nel frattempo i garanti dei detenuti il 27 aprile incontreranno il capo dello stato. Due giorni prima, il 25, a Roma si terrà la seconda Marcia per “l’amnistia, la giustizia e la libertà” organizzata, ça va sans dire, dai radicali dopo la manifestazione che a Pasqua li ha portati da Regina Coeli a piazza San Pietro. Alla prima, nel Natale 2005, marciò anche Napolitano. Ma non se ne fece nulla e non sembrano tempi, questi, per un cambio di rotta.
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