Di Roberto Spagnoli, da “Notizie Radicali”, 21-02-2012
Il comma 15 dell’articolo 1 del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.309 stabilisce che ogni tre anni venga convocata “una conferenza nazionale sui problemi connessi con la diffusione delle sostanze stupefacenti e psicotrope” alla quale vengano invitati “soggetti pubblici e privati che esplicano la loro attività nel campo della prevenzione e della cura della tossicodipendenza. Le conclusioni di tali conferenze – conclude il comma – sono comunicate al Parlamento anche al fine di individuare eventuali correzioni alla legislazione antidroga dettate dall’esperienza applicativa.
Il Dpr 309/90 altro non è che il “Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope. prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza”, insomma quella che comunemente è indicata per comodità come la “legge sulla droga”. Nel corso degli anni il testo ha subito alcune modifiche: dalla legge Jervolino-Vassalli, al referendum promosso dai radicali nel 1993 contro gli aspetti più repressivi, alla stretta punizionista della legge Fini-Giovanardi, molte parti sono rimaste inalterate. Una di queste è il comma 15 dell’articolo 1 che prevede, appunto, una valutazione periodica della normativa che indichi alla politica gli eventuali aggiustamenti maturati dall’applicazione della legge.
Dal 1990 ad oggi si sono tenute 5 conferenza nazionali. La prima a Palermo nel 1993, poche settimane dopo il referendum che abrogò le parti più repressive della legge Jervolino-Vassalli, l’ultima tre anni fa a Trieste. Dopo Palermo quella successiva si tenne a Napoli nel 1996 e fu l’unica convocata nei termini previsti dalla legge. La terza, infatti si tenne a Genova nel 200 con oltre un anno e mezzo di ritardo, ma fu anche la più seria tenutasi fino ad oggi. Grazie all’allora ministro della solidarietà sociale, Livia Turco, pur con alcuni limiti, segnò un punto a favore di un approccio alla questione delle droghe e delle dipendenze basato sulle buone pratiche e sulle evidenze scientifiche. Memorabile, in questo senso, fu l’intervento del prof. Umberto Veronesi, allora ministro della Sanità, che suscitò le reazioni indignate dei proibizionisti in servizio permanente effettivo. Purtroppo il presidente del Consiglio dell’epoca, Giuliano Amato, non seppe o non volle difendere fino in fondo i suoi ministri e lasciò Livia Turco praticamente sola a difendere la politica di “riduzione del danno” che tra molte difficoltà era stata messa in campo anche nel nostro Paese.
Dopo Genova, con la breve e ininfluente parentesi del governo di Romano Prodi, nonostante la buona volontà del ministro Paolo Ferrero, vennero i due governi Berlusconi il cui “zar antidroga”, Carlo Giovanardi, si impegnò a fondo per demolire tutto ciò che di ragionevole era stato con fatica messo in campo. La quarta conferenza nazionale si svolse di nuovo a
Palermo nel 2005, con due anni di ritardo sul previsto, e infine si arriva a Trieste, nel marzo 2009, con solo pochi mesi di ritardo rispetto a quanto stabilito dalla legge. Quella di Trieste è stata, lo dico senza timore di essere smentito, la più inutile di tutte le conferenze tenutesi
fino ad oggi. Una passerella ideologica messa in piedi dal sottosegretario Giovanardi, in cui fu di fatto impedito qualunque serio confronto. Una conferenza circondata, tra l’altro, da incredibili misure di sicurezza degne più di un vertice del G8 piuttosto che di un simposio
tecnico-scientifico quale dovrebbe essere.
Tra poche settimane saranno dunque passati esattamente tre anni da Trieste, ma al momento non risultano annunci o altre notizie sulla convocazione della nuova conferenza nazionale. Nulla si trova sul sito del Dipartimento nazionale antidroga e nemmeno sul sito del ministro Andrea Riccardi al cui sono state affidate le competenze in materia. D’altra parte, dal giorno del suo insediamento ad oggi, il ministro ha fatto molte dichiarazioni e interventi pubblici, ma, almeno stando ai comunicati ufficiali riportati sul sito del suo ministero, non ha detto nemmeno una parola in materia di droghe e dipendenze.
Siccome il professor Riccardi è persona seria, attenta e motivata probabilmente ciò dipende solo dalle priorità imposte dalle contingenze della politica. Ma proprio per questo mi permetto di rivolgergli un appello perché faccia in modo che nel più breve tempo possibile venga convocata la nuova conferenza nazionale. E insieme a questo appello gli rivolgo una richiesta: organizzi una conferenza che sia davvero quello che stabilisce la legge, una conferenza tecnica e scientifica, a cui prendano parte studiosi, esperti, operatori del servizio pubblico e del privato sociale. Lasci la propaganda politica e le ideologie fuori dalla porta, eviti i clamori mediatici e le polemiche dei salotti televisivi.
Lasci che a confrontarsi e a discutere siano gli esperti, raccolga le loro indicazioni e le loro richieste e le trasmetta al Parlamento, magari sotto forma di proposte di modifica della attuale normativa, almeno delle sue parti più stupidamente punitive e controproducenti. Dopo anni di sterili proclami, di inutili spot pubblicitari, di passerelle mediatiche e di una politica sempre più lontana dalla realtà, sarebbe già un notevole passo avanti e una buona notizia per tutti coloro che credono che una diversa politica sulle droghe nel nostro Paese sia ancora possibile.
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