di Fabrizio Ferrante, da www.epressonline.net [3], 02-02-2012
Nell’ambito della manifestazione radicale di contro-inaugurazione dell’anno giudiziario svoltasi sabato scorso a Napoli abbiamo raccolto alcune impressioni del segretario campano dell’associazione Antigone, Mario Barone.Antigone è un’associazione impegnata da anni, a livello nazionale, in iniziative a tutela dei diritti dei cittadini detenuti. Con Barone abbiamo parlato dello stato di degrado riscontrabile non solo nelle carceri, ma in generale nel sistema giustizia del nostro paese.
Mario Barone, qual è il senso della tua presenza qui stamattina?
“Serve spingere per l’amnistia. La nostra presenza non è un fatto puramente formale”.
Quali sono i motivi per cui è necessaria un’amnistia?
“Sono d’accordo con chi sostiene, anche all’interno delle Istituzioni, che un provvedimento una tantum non risolverebbe nulla, tuttavia l’amnistia è una priorità seppur necessiti di essere affiancata da altri provvedimenti”.
Per esempio?
“Serve depenalizzare e rendere i procedimenti più veloci e più equi. In generale si può affermare che, ad oggi, la giustizia è rapida per gli abbienti mentre è lenta per i poveri. La legislazione in materia di processo penale in questo paese è concepita contro le categorie sociali deboli”.
La percentuale di detenuti in attesa di giudizio nelle nostre carceri è del 44% e circa la metà di essi risultano assolti – statistiche alla mano – al termine del processo. Come giudichi questo dato?
“L’abuso della custodia cautelare in cella è un problema culturale, figlio dell’idea che tutto vada punito con il carcere”.
Cosa pensi della recente apertura del ministro Severino verso un’ipotetica amnistia e il suo testo allo studio del Parlamento – cosiddetto “svuotacarceri” – che in qualche modo ricorda il “fu” decreto Alfano?
“Valuto positivamente quest’apertura del ministro. Come ho già detto, un provvedimento di clemenza fine a se stesso non risolve i problemi, specialmente il decreto Severino che, seppur apprezzabile, non elimina strutturalmente le criticità del sistema. Esso rappresenta comunque un segnale positivo, per quanto si tratti di un segnale piuttosto scarso, dato che l’incidenza del provvedimento “svuotacarceri” – che prevede pene massime o residue di 18 mesi da scontarsi ai domiciliari. NdR – sarà bassa, andando a toccare non più di 3.500 beneficiari. Troppo poco per ritenere tale misura sufficiente”.
Condividi [4]