
9-1-12
Mio fratello detenuto a badu e carros ha deciso di lasciarsi morire...rinchiuso in cella con altri 5 ...gli è difficile soprattutto respirare di notte quando non potendo usare l'ossigeno, gli manca l'aria, satura dal riscaldamento e dal respiro altrui...convive oramai da 5 anni con una terribile malattia che dovrebbe rendere incompatibile la sua permanenza dentro un carcere...emosiderosi idiopatica...da un momento all'altro potrebbe avere un'attassia ...spero di non dover riceve una telefonata in cui comunicano la sua morte...sarebbe...un omicidio...aiutatemi a farlo curare...
14.1.12
Gentilissima Dott.ssa Testa,
mi chiamo P. P. e mi rivolgo a Lei per chiederLe aiuto, poichè mio padre si trova nel carcere di Melfi (PZ) dal 29/10/2009. Io e la mia famiglia viviamo a Mongiana, un piccolo paesino nella provincia di Vibo Valentia, a 800 km di di distanza da Melfi.
Mia madre è affetta da sclerosi multipla e non vede mio padre da quando è stato trasferito a Melfi poichè a causa della sua malattia non riesce a fare un viaggio di 12 ore.
Tramite il nostro avvocato abbiamo presentato delle istanze di trasferimento, alcune rigettate e l'ultima in attesa di valutazione da mesi.
Le chiedo aiuto per un possibile trasferimento di mio padre in un carcere vicino casa, poichè credo sia un diritto.
La ringrazio e le lascio i miei recapiti telefonici
19 gennaio 2012
Salve ,
sono la figlia di un detenuto , vi scrivo questa lettera per la difficile situazione che stiamo vivendo come famiglia . Mio padre è in carcere con un definitivo di 6 anni dei quali a gia’ scontato più della metà della pena . oggi ci siamo presentati in camera di consiglio con la speranza (direi vana) CHE LO AFFIDASSERO A I SERVIZI SOCIALI O QUANTO MENO A I DOMICILIARI.
Ha fatto 2 anni e 4 mesi agli arresti domiciliari e non ha mai avuto nessun rapporto da parte del Carabinieri che lo sorvegliavano , ma molto probabilmente la buona condotta serve a poco quando la magistratura i giudici e gli avvocati decidono che debba andare nel senso opposto.
Comunque stamane in camera di consiglio avrebbero dovuto valutare la situazione , le varie relazioni era tutte positive solo quella del carcere citava che era troppo poco tempo che era in osservazione(7 mesi in un carcere sovraffollatissimo!!) ma che comunque aveva mantenuto un comportamento esemplare , i giudici si sono riservati ma in partenza volevano rigettare la richiesta in quanto a detta loro mancava la relazione dell’ assistente sociale . Mi sono messa in contatto Con lei e mi ha detto che aveva inviato tutto presso il carcere e che comunque e sicuramente la relazione unica era già presso il tribunale nelle mani del giudice .
Non ho idea di dove siano questi documenti , che sono importanti non solo per la libertà di mio padre ma anche per le vite di una famiglia intera che vive di stenti e oggi posso dire di non poter più nemmeno portare 50 euro a mio padre .
Sono d’ accordo che chi sbaglia deve pagare , ma come si può riabilitare una persona se pur mantenendo un comportamento “esemplare” non viene concessa nemmeno una possibilità per reinserirsi nella società? Vivendo oltretutto in un carcere sovraffollato dove ogni stanza può contenere 4 persone che invece ce ne sono 8?
Non credo più nella giustizia Italiana non credo più che le cose possano cambiare se non in peggio , ci si impunta a non volere l’ amnistia quando è l unica soluzione per tanti detenuti ma anche per tante famiglie che stanno soffrendo come noi , e che non riescono più a vivere .
Questa lettera potrà risultare confusa e frammentaria nella spiegazione ma non è nemmeno facile esprimere quello che si porta dentro il dolore e la sofferenza … Sono mesi che lotto sul filo di un esaurimento nervoso che mi si sfoga sulla pelle con un eruzione cutanea , cerco di mantenere la calma perché sono io a portare avanti la mia famiglia e a 27 anni con tutti questi problemi non è facile specialmente quando ogni fine mese hai delle scadenze bollette , mutuo ecc .
Credo che il mio non sia l’unico grido e che come me siano in tanti a chiedere aiuto a vedere un barlume di luce nell’ oscurità che vivono sia i carcerati che le proprie famiglie .
Amnistia , Amnistia, amnistia , spero solo che le mie parole non cadano nel vuoto la mia ultima speranza e che qualcuno legga le mie parole , non penso di cambiare le cose non è così semplice , ma voglio sperare perché e l unica e sola cosa che mi è rimasta da fare.
Non auguro a nessuno il calvario che vivo .
Spero di avere risposta.
G.P.
18.1.2012
Buona sera , mi presento ,io mi chiamo L. C. , sono una donna di 45 anni ho tre figli e sono una sognatrice , sono una musicista. Da un po’ di tempo ho smesso di sognare perché le vicende di mio marito mi hanno spezzato le ali . Mio marito si chiama A.M. ha avuto problemi con la giustizia nel 2002 e ora un’accusa di usura ha fatto sì che lo rinchiudessero di nuovo in attesa di giudizio nel carcere di Bellizzi Irpino, ad Avellino, dal 18 ottobre 2011. Premetto che mio marito non ha mai ammazzato nessuno anzi è anche vegetariano perché ama gli animali per questo non mangerebbe mai carne. Non è colto però ha un cuore grande anche se a sentir parlare le accuse lo dipingono come un criminale ma questa è un'altra storia. Mio marito entrò nel 2002 in carcere che pesava più di 90 chili e ne uscì dopo diciassette mesi con 38 chili. Ho lottato allora con tutta me stessa perché una forte depressione con conseguente anoressia lo ridusse cosi; inoltre lui soffriva di una forma di idrocefalo ed accusava fortissimi mal di testa che si conclusero nel 2004 mediante l’impianto di un drenaggio alla testa(di cui è tuttora portatore) per cui ci vollero otto ore di intervento chirurgico; ricordo ancora quando il suo neurochirurgo si indignò davanti a un perito del tribunale e un carabiniere(presenti per tutta la durata dell’operazione) in quanto gli fecero numerosissime domande come se dubitassero della gravità della patologia . . . Che vergogna! Dove poteva andarsene mio marito così esile e per di più con la testa che gli era stata appena aperta per l’impianto del drenaggio?
Mio marito dopo varie perizie psichiatriche di parte e del tribunale fu mandato agli arresti domiciliari per incompatibilità col regime carcerario, ricordo che in quel carcere di Bellizzi Irpino fu denunciato anche il sanitario che non faceva nulla per aiutare mio marito anzi il giudice chiedeva il peso del detenuto e lui scriveva sempre il peso sbagliato, inoltre affermava che mio marito simulava e non mangiava solo perché aveva scelto come forma di sciopero quello della fame. Tutte bugie smentite dai vari periti e dagli illustri professori di psichiatria.
Vergogna ancora, perché quel sanitario è sempre lì e la situazione si è ripresentata a partire dal 18 ottobre, da quando cioè mio marito è di nuovo in carcere in attesa di giudizio.
Gli avvocati non hanno fatto in tempo a presentare la malattia di A. al giudice che mio marito in neppure tre mesi ha già perso una trentina di chili e nessuno fa niente ,il sanitario avrà pure il dovere di curare o di segnalare il caso di mio marito e invece ha iniziato di nuovo a fornire dati sbagliati: ad esempio ha detto che quando ha fatto il suo ingresso in carcere mio marito pesava 80 chili (falso perché ne pesava 93) mentre ora (sempre secondo la sua opinione) ne pesa 76 ma come può essere se dalla taglia 52 è sceso alla 44?
Gli ho dovuto comprare tutto di nuovo e là dentro dai famigliari fino agli altri detenuti al colloquio mi chiedono di spingere mio marito a nutrirsi perché è irriconoscibile.
La direttrice del carcere ha detto domenica in occasione della messa che il suo carcere è ben gestito specie per quanto riguarda la sanità restando indifferente davanti a mio marito che rischia la morte.
Ancora vergogna perché non si garantisce di fatto il diritto di denunciare infatti nel 2003 il sanitario venne denunciato da un perito del tribunale se non ricordo male proprio perché mio marito non potè farlo. Io ho informato tutti i giornali dell’ Irpinia ma non mi è mai giunta risposta, allora mi chiedo se questa sia una democrazia o una dittatura; mi domando se mio marito che tentò anche il suicidio bevendo lysoform (tutti gli avvenimenti che denuncio possono essere documentati) sia considerato come una belva feroce e anche se fosse chi sono queste persone che decidono di fatto la morte di una persona negandole l’aiuto? Per me sono loro i veri assassini.
Provo vergogna anche per tutte quelle persone che non si ribellano a tutto questo, perché lì dentro ci sono tanti detenuti malati: ad esempio c’è stato un caso di un malato di diabete A. che conosco perché era detenuto nello stesso carcere di mio marito, la sua patologia gli causò la cancrena ad una gamba ma lì dentro non lo hanno ritenuto un fatto grave tanto che solo dopo molto tempo lo hanno portato al pronto soccorso dell’ospedale di Avellino dove in seguito all’amputazione di un dito del piede fu rimandato immediatamente in carcere. Le condizione di detenzione non erano idonee tanto che in seguito è stato necessario anche amputargli un altro dito del piede ora finalmente è ai domiciliari solo perché rischia l’amputazione della gamba. Riflettiamo: ma questa è giustizia o ingiustizia, è democrazia o dittatura? Concludo dicendo che se succede qualcosa a mio marito dovranno pagare tutti i danni psicologici e materiali perché questo è abuso di potere, è violenza nei confronti dei più deboli e non c’è prezzo che si possa pagare per delle vite distrutte.
Questa mia lettera è un grido di aiuto! Voglio aggiungere che sono fiera dell’esistenza di un uomo di nome Marco Pannella il cui solo nome mi riempie il cuore di speranza perché lui è la dimostrazione dell’esistenza del bene non solo del male. Grazie Marco, grazie Emma vi stimo da morire e spero che un giorno possa stringervi la mano .
L.C.
12.12.11
BUONGIORNO EGREGI SIGNORI, perdonatemi se mi permetto di
scrivervi ma non so più a chi rivolgermi ho bisogno di aiuto ,mi chiamo M N, sono agli arresti domiciliari, da innocente ,in attesa di fine indagine, ma ho fiducia nella giustizia e negli inquirenti. sono sposato con tre figli il più piccolo C, di 10 anni invalido per un’operazione al cervello a causa di un tumore maligno, ha una gamba più corta dell’ altra. K di 12 anni si è chiusa in se stessa, non va bene a scuola non parla quasi più con noi, tutti e due sono seguiti da un psicologo, mia moglie è disperata, non sappiamo più cosa fare, tutto questo è iniziato a partire dal 28 settembre, per il momento non trovo lavoro, non abbiamo i soldi per fare la spesa non possiamo vestire i bambini non abbiamo soldi per comprare il materiale scolastico, le bollette una
parte le pagano gli assistenti sociali, andiamo avanti con la pensione di mio figlio(480 euro mensili) abbiamo
scritto a varie associazioni ma nessuno ci ha mai risposto. sono un uomo distrutto, ho perso la mia dignità, vi prego non fatemi perdere la mia famiglia ,se potete vi chiedo un aiuto vi scongiuro per pietà
aiutatemi . si stà per avvicinare il NATALE i miei bambini hanno critto le loro letterine ,ho letto quella di C dove diceva "a natale non voglio giochi ma solo che
papà stia a casa con noi e che siamo tutti felici come prima". vi allego della documentazione e iltelefono di mia moglie per chiarimenti scusatemi se vi ho rubato 10 minuti del vostro tempo per
aver letto la mia lettera e vi
ringrazio.
24.11.11
Salve, mi chiamo M. P. sono di Napoli e faccio l'imbianchino, volevo denunciare la mia vicenda giudiziaria avvenuta il 29-10-2003, nonostante io mi sia sempre proclamato innocente, sono caduto nella reta della "NON Giustizia"...di seguito vi elenco i fatti.
Era il gg 29 10 2003 , abitavo con i miei genitori in un quartiere dove c'era una piazza di spaccio, gestita dal Sign. C. R.
attualmente detenuto con tutto il suo clan, da premettere che io non avevo mai avuto a che fare con queste persone e non ne ho tuttora.
I carabinieri di Torre Annunziata mi hanno accusato di spaccio e detenzione di droga che era di appartenenza della persona sopra elencata, semplicemente per il solo fatto di averla trovata in mezzo alle scale del mio pianerottolo, non tenendo conto che in quel palazzo ci abitava la sorella che custodiva la droga, infatti fu trovata ( insieme alla droga)anche la sua borsa con documenti e le chiava di casa ,lettere del marito e del figlio che in quel momento erano detenuti, chiavi della sua macchina e un libricino con appuntati nomi e soldi. Nonostante ciò i carabinieri dopo il mio arresto illegale, pur sostenendo la mia innocenza e ammettendo con me di aver sbagliato, hanno sempre dichiarato il falso ai magistrati.
Io ho scontato una pena non mia, credevo di aver buttato alle spalle questa brutta storia ma mi brucia troppo. Ogni qual volta ho un fermo e devo dire i " precedenti". Da premettere che nei 3 gradi del mio processo io ho sempre dichiarato la mia innocenza senza mai chiedere patteggiamenti ,riti abbreviati e altri benefici che avrei potuto ottenere essendo incensurato.
Invece alla fine mi sono ritrovato con una condanna a 5 anni 5 mesi e 30.000€ da pagare allo stato.
M.P.
3.11.11
Mi presento mi chiamo L ,vivo a Milano vi scrivo per una richiesta di aiuto per mio padre che sta scotando una pena di 4 anni di cui ha espiato 2 anni sei mesi. Si trova in affidamento presso il sert
per problemi di cannabis, che poi è lo stesso motivo per cui sta scontando la pena ossia per spaccio di cannabis nonostante fosse incensurato.
Vi chiedo aiuto per un suo rientro al suo posto di lavoro presso l' università dove si è sempre comportato bene mai un reclamo ,mai una sospensione, anzi i suo passaggi per gli scatti tutti con pieno giudizio
vi prego se potete aiutarmi ora è una persona finita, vederlo cosi è un dolore immenso , mi dice se fossi stato un delinquente non starei trattato cosi male, avrei un lavoro se potessi tornare indietro non ritornerei a sbagliare. Vi prego aiutatemi come posso fare per farlo rientrare lavoro?
Una domanda; ma un uomo avrà il diritto di riabilitarsi e avere un altra chance? Vi prego aiutatemi
2-11-11
Buona sera,
ho trovato il vostro sito navigando - ho mi figlio in carcere di terni. Mio figlio non e ne assassino, ne deliquente - non e santo, ma non ha fatto male a nessuno solo se stesso, e per stare in carcere da 3 anni a 23 anni doveva essere un deliquente finito, cosi tanto tante volte non danno neanche per umicidio..
aveva 2 mesi di arresti domiciliari, e, avendo la residenza a casa mia (lui abitava con la sua ragazza non con me, per conto loro), e io quel giorno andavo da mia madre a Mosca. Io vivevo dasola, e a casa mia non c'era neanche un briciolo di pane - lui (e neanche io) non sapevamo che non poteva uscir da casa, era sceso sotto casa che ci sta il bar per prendersi un panino, e l'hanno portato in carcere di velletri (noi siamo a roma, da 15 anni). poi l'hanno ridato i domiciliari, e i carabinieri di monte porzio dove noi abbiam ola casa, l'hann odetto - ormai ti conosciamo se scendi per renderti le sigarette non e che succede chi sa che (la tabaccheria e dentro stesso palazzo di casa nostra). L'hanno arrestato la seconda volta con le sigarette in mano. Ora sta in carcere di terni.
L'hanno arrestato per lo spaccio e detenzione di stupefacenti. Io ho fatto tutto da sola, con loro due, ho la figlia di 22 anni. So che non son oriuscita a fare tutt oquello che volevo fare e dare ai miei figli, ma non si mettono in carcere perche uno ha vut ola vita difficile. Non ha fatto - ripo - male a nessuno, ha cominciato di andare sulal strada sbagliata, ma - come dice lui - per fortuna ch e sucess ocosi presto tutto che era solo l'inizo.
Ora luivorrebbe studiare, lavorare, anche dentro carcere, ma sembra una cosa impossibile. Io per l'avvocato i soldi non ho avuto - mi sono indebbitato con uno, che non ha fatto niente - adirittura quando facevano l'ultimo processo al mio figlio, lui non ci e neanche andato, ha mandato la segretaria che fa qcosa tipo consulente di lavoro - che non c entra niente con carcere.
Non ho avuto nessun aiuto da nessuno - ne adesso, ne mai. Ora ho bisogno di una mano - non io, ma piu mio figlio.Non so neanche se potete aiutarmi - con sstudio o lavoro o con avvocato per farl ouscire prima, se no ci deve stare un altro anno.. Per due evasioni ha fatto quasi 3 ani 8 mesi - una cosa mai vista, penso!!!
Aiutatemi, vi prego. Anzi aiutateci..
vi ringrazio in anticipo
5.10.11
Buongiorno,
sono un uomo di 38 anni, mi chiamo GC, vivo a Napoli e sono un ex guardia giurata, ho trascorso 10 anni della mia vita in carcere per aver commesso un delitto passionale per dolo d'impeto. Sono stato arrestato il 16 febbraio 1999 e finalmente dopo un lungo periodo di sofferenza il 5 marzo 2010 sono stato scarcerato e nel mio cuore nutrivo la speranza di ricominciare una nuova vita, di riscattarmi, di dimostrare a tutti che non sono mai stato un delinquente.
Purtroppo dal giorno della mia scarcerazione NON riesco a trovare lavoro, causa emarginazione sociale nei confronti degli ex detenuti.
Basti pensare che ho inviato una marea di curriculum vitae sia nelle aziende del Nord sia in quelle del Sud Italia e nessuno si è degnato di rispondere, anzi una sola ditta ha risposto dicendo che sono rammaricati ma NON possono assumere ex detenuti causa rigorose normative.....
Trovo aberrante un simile trattamento nei confronti delle persone che sono state in carcere per la prima volta nella loro vita ( nel mio caso); la società civile dimostra un senso di disgusto nei confronti di chi ha sbagliato per causa di forza maggiore e non è un delinquente incallito...
Io sono arrivato al punto che non riesco a mettere il piatto in tavola e nonostante viarie missive che ho indirizzato alle istituzioni non ho mai ricevuto aiuto da nessuno, solo chiacchiere.
La realtà dei fatti consiste: quando si ha la sventura di entrare in carcere si è segnati per tutta la vita, ecco perchè la gente ricomincia ad infrangere la legge, causa emarginazione sociale.
Gli assistenti sociali della UEPE ti prendono in giro, per non parlare di quelli del Comune.....Questa è la triste realtà purtroppo di chi come me ha avuto la sfortuna di essere un ex detenuto e vuole lavorare onestamente per ricostruirsi una vita.
Lascio il mio indirizzo email e numero di telefono.
30.8.11
Ho una lunga storia di prepotenza dello Stato da raccontare, dopo di che vorrei avere un consiglio su come difendermi o protestare, vorrei che questa mia venga letta anche da M. Pannella che purtroppo non so come contattare. La mia storia parte da lontano ma è necessario che faccio almeno un breve accenno per capire il mio presente. Sono della classe 1947, figlio di una donna italiana (deceduta di recente) e di un militare americano di pelle scura che, stando a detta di mia madre, abusò di lei. L'essere nato con questa premessa, ha segnato negativamente tutta la mia vita. Mia madre a quel tempo era sposata con la persona che mi diede il suo cognome. Non so quando questo avvenne, perché sono anche in possesso di un documento inerente un mio ricovero in un Ospedale di Reggio Emilia, dove, oltre alla mia descrizione somatica di "bambino mulatto" è riportato anche "figlio di NN". Questo significa che almeno inizialmente ero stato rifiutato da mia madre e le ragioni, come si può facilmente intuire, possono essere tante: opposizione di suo marito, pregiudizi della gente, difficoltà a vivere di quei tempi, ignoranza, ecc., o un cocktail di tutto questo. Resta il fatto che da allora in poi fui sballottato da un collegio all'altro ufficialmente per il motivo che i miei erano poveri (e lo erano davvero, ma quante famiglie povere si sono comunque tenute i figli?), in realtà per un conflitto in seno ai miei genitori e in particolare di mia madre emotivamente combattuta e divisa tra me e suo marito. C'è anche da dire che nonostante esistesse una legge sui rimborsi dei danni di guerra e nonostante mia madre fece domanda, non fu mai risarcita. Nel mio peregrinare tra i più disparati collegi Ricordo l'Ospedale psichiatrico di Sospiro (CR) dove, a quei tempi, vi venivano ricoverati anche i bambini completamente sani. Lì, tra bambini ritardati e no, epilettici e no, subì le prime violenze psicologiche. Succedeva che per farci stare "buoni", le suore di quell'ospedale avevano la brutta abitudine di intrufolarsi sotto i nostri letti e di sollevarli emettendo urla terrificanti per farci credere di essere in balia dell'"orco cattivo" che veniva a punirci. Un'altro collegio dove subii violenza fu il Brefotrofio di Cento (FE) gestito da un prete di nome don Giovanni. Qui il fratello adulto di un bambino come me con il quale avevo litigato, mi ruppe la testa con uno zoccolo. Non solo, un istruttore un giorno visto che tardavo ad entrare nel gruppo per andare a pranzo, pensò di richiamare la mia attenzione lanciandomi una sassata con una fionda. Non mirò direttamente a me, ma al suolo, a breve distanza da me, solo che il sasso rimbalzò colpendomi ad un occhio. Lo stesso istruttore era solito punirci facendoci mettere in ginocchio sui tappi metallici che si usano per le bevande e le birre, oppure schiacciandoci le mani tra due piastrelle. Gli stessi sistemi erano usati anche nel collegio Marchiondi a Baggio (MI). Ma la specialità di quest’ultimo collegio era però un’altra. per tenersi buoni, per punizione o semplicemente per impedirci di scappare, usavano praticarci delle iniezioni di Talofen (un sonnifero o psicofarmaco) di cui inizialmente e in seguito alla nostra denuncia fatta alla madre del mio compagno di fuga, ci fu un gran scalpore sul Corriere della Sera… Scalpore che però ben presto fu messo a tacere, ma ho ancora qualche copia di quegli articoli. La mia esperienza del Marchiondi però non finisce qui. In seguito alle nostre continue fughe, mie e di altri compagni, ad un certo punto io e altri tre fummo accusati del furto in un cascinale che neanche avevamo mai visto perché situato in una zona diversa dalla direzione della nostra fuga, ma questo fatto e la denuncia su descritta, permise a qualcuno di spedirci nel carcere minorile Beccaria dove vi rimasi rinchiuso tre mesi. Ne uscii che avevo circa 15 anni. Dopo di questo, fui portato in Svizzera da mia madre dove lei e suo marito vivevano da alcuni anni. Inizialmente riuscirono a farmi entrare anche nella stessa fabbrica dove lavoravano, in seguito, essendo chiaro il mio disadattamento, mi fecero mettere nel collegio di Bad Burӧ nel cantone di Lucerna dove vi rimasi circa due anni e terminò con la mia definitiva fuga anche se a dire il vero, rispetto ai collegi italiani era un paradiso. E’ vero che subii qualche violenza corporale, ma niente in confronto ai collegi nostrani, inoltre là ho avuto la possibilità di imparare un mestiere come il falegname e non mi sentivo come in una prigione perché non cerano mura, ma evidentemente oramai ero troppo “guastato” dentro per poterlo apprezzare. Io non scappavo solo dai collegi, ma anche da casa. u in una di queste occasioni che per procurarmi il cibo, decisi di compiere il mio primo e vero furto. Rubai nottetempo la cassa di una piscina, o meglio, quello che era stato tenuto in cassa. Quando fui scoperto, decisero di assegnarmi ad una casa famiglia di lavoro, ma scappai lo stesso giorno. Fui ripreso due giorni dopo, stanco e affamato. La polizia mi riporto ancora alla casa famiglia, ma mentre il poliziotto suonava il campanello, io riscappai e quando mi ripresero dopo alcuni giorni, mi espulsero dalla Svizzera. A quel punto tutti e tre, io, mio padre e mia madre rientrammo in Italia. Per farla breve, commisi altri reati sempre allo scopo di procurarmi i soldi per finanziare le mie fughe da casa e senza fare distinzione tra rapina e furto, ossia senza alcuna coscienza se non quella di volermi allontanare da un ambiente e da persone che percepivo distanti e oppressive. Comunque i miei reati erano talmente maldestri che venivo scoperto quasi subito. Dopo il primo reato di rapina con pistola giocattolo per impossessarmi di un’auto fui condannato con la condizionale, in seguito ad altri due reati sempre con la minaccia di una scacciacani ai danni di due tassisti per impossessarmi dei loro soldi, fui preso e rinchiuso nel carcere di Firenze. Eravamo nel 1972. Tra il 1968 e il 1970 fui alle prese con il servizio militare dove dovetti recuperare tre mesi di detenzione nel carcere militare di Peschiera del Garda per diserzione. Ossia, per essermi allontanato dalla caserma oltre i 5 gg, dopo di ché scattava il reato di diserzione, che ovviamente io non sapevo, ma anche se lo avessi saputo non credo che avrebbe fatto differenza. Terminato il periodo militare mi recai in Germania dove poco tempo dopo mi riscontrarono la TBC sicuramente contratta nel mio periodo di militare, che però lì in Germania mi curarono nel sanatorio di Bӧrstel (Amburgo) dove vi rimasi per circa 4 mesi e in parte in Italia presso il sanatorio G. Rasori di Parma dove risiedevo e risiedo, dove rimasi ricoverato per altri 6 mesi circa. Durante lo stesso periodo militare e precisamente al campo estivo svoltosi in montagna a Ceva d’Ormea (CN), mi ruppi anche una caviglia. In seguito feci diverse istanze per avere il riconoscimento dei danni di servizio, ma mi furono sempre respinte. Quando fui rinchiuso nel carcere di Firenze, la mia prima preoccupazione fu quindi quella di contattare il medico del carcere, ma chissà per quale motivo, non mi era data la possibilità di incontrarlo. Allora chiesi di poter parlare con il direttore, ma anche qui, i giorni passavano senza che avessi nessuna possibilità di parlare con qualche responsabile. In un ennesimo mio tentativo di parlare con qualcuno, esasperato e preoccupato com’ero, alla provocazione della guardia alla quale per l’ennesima volta avevo chiesto di poter parlare o con il medico o con il direttore, reagii prendendolo per il bavero. A questo punto altre guardie intervennero e in men che non si dica fui messo in una cella d’isolamento, dove dopo neanche un’ora arrivarono sia il direttore che il medico, accompagnati da alcune guardie. Spiegai loro quanto era successo e il motivo della mia richiesta del medico, ma nello stesso giorno, fui trasferito nel manicomio giudiziario di Montelupo Fiorentino, dove tra letto di contenzione, percosse ed altro, ne uscii dopo tre mesi per l’interessamento del dott. Minervini, allora direttore o comunque responsabile generale delle carceri italiane, che in seguito avrò modo di incontrare ancora a Spoleto, durante una protesta pacifica, e prima che venisse assassinato dalle BR. Durante la mia detenzione cercai di occupare il mio tempo cercando di imparare il più possibile e quando ciò non era possibile, cercavo di farmi dare un’occupazione o un lavoro qualsiasi. In carcere imparai a conoscere la musica, presi il diploma delle medie, quello magistrale e di elettricista. Non erano compatibili, ma a me interessava l’occupazione del mio tempo e imparare qualcosa. Imparai anche il mestiere del rilegatore. Per i miei reati fui condannato a tre anni e mezzo, ma con in più la revoca della condizionale, altre pene accessorie e multe convertite in detenzione, arrivai ad accumulare una pena detentiva di 7 anni e mezzo che scontai quasi tutta, salvo gli ultimi tre mesi residui facenti capo a pene accessorie, amnistiate dal Presidente Pertini quanto fu eletto nel 1978. Feci la carcerazione durante il periodo forse più nero e turbolento delle carceri italiane. Le rivolte e le contestazioni erano all’ordine del giorno, come lo erano gli omicidi tra detenuti, le spedizioni punitive, gli scontri tra opposti estremisti di dx e di sx e i famigerati “S. Antonio” da parte delle guardie, senza contare i corridoi di poliziotti muniti di manganelli sotto i quali dovevamo passare ad ogni trasferimento che seguiva dopo una rivolta. A questo stato di cose lo Stato poneva “rimedio” trasferendoci da un carcere all’altro, in questo modo il seme della rivolta veniva trasmesso ad 7altre carceri. In sette anni fui trasferito nelle seguenti carceri: Firenze (3 volte), Perugia (2 volte), Spoleto (2 volte), Torino (2 volte) Alessandria (2 volte), Genova (2 volte), Pisa (2 volte), Parma (2 volte), Montelupo Fiorentino (1 volta), Nuoro (2 volte), Asinara (1 volta), Padova (sia il carcere vecchio che quello nuovo, 1 volta ciascuno), La Spezia (1 volta). a il mio caso non è da record, c’è chi ne ha viste il triplo o più. Questo clima di violenza era generalizzato in quasi tutte le carceri, ma vi furono alcune carceri che puntavano ad essere da modello come a Padova, dove si aveva la possibilità di studiare fino al livello universitario e Alessandria dove si potevano fare lezioni scolastiche di recupero e studiare musica. Il clima del carcere di Alessandria era diverso: oltre a diverse possibilità di studio, si organizzavano tornei di calcio tra guardie e detenuti dove io mi trovavo bene nel ruolo di portiere. Durante una di queste partite evidentemente sudai troppo tanto da prendermi l’influenza. Fui quindi ricoverato nell’infermeria del carcere dove appunto me la riscontrarono. La tranquillità di quel carcere venne bruscamente interrotta il giorno dopo dalla rivolta di tre detenuti armati di pistole e coltelli che presero in ostaggio alcune guardie, un prete, alcuni professori, l’assistente sociale e un paio di detenuti, tra cui io, e si barricarono proprio in infermeria. La conclusione di quell’evento drammatico e terrificante fu di 7 morti. Quando i rivoltosi capirono che le autorità non li avrebbero lasciati andare come avevano richiesto, si barricano con noi ostaggi nell’angusto locale dei servizi dove ci ritrovammo ammucchiati uno sull’altro legati e bendati. Improvvisamente fu lanciato dall’esterno un lacrimogeno seguito subito dopo da altri. Fu l’inizio dell’inferno. Io desideravo cambiare posto ma poi mi sono abbandonato alla decisione del destino. Mi appiattii e rannicchiai al suolo quanto più mi era possibile e sentii un corpo che mi si buttò addosso. Intanto, dove eravamo, i rivoltosi avevano cominciato a sparare nel mucchio di noi persone addossate l’una contro o sopra l’altra. Si sentivano esplosioni, spari e urla. Ad un certo punto il corpo che mi stava sopra lo sentii come afflosciarsi, e quasi contemporaneamente, sentivo un liquido caldo bagnarmi. Sentivo queste cose ma non mi chiedevo ne cosa fosse ne perché. L’aria nel frattempo era diventata irrespirabile e gli occhi cominciavano a bruciare fortemente. Si sentiva un odore acre e pungente che toglieva il respiro, aggravato anche dalla posizione in cui mi trovavo, ossia schiacciato da un corpo che mi stava sopra. Sentivo forte il bisogno di respirare aria fresca, ma avevo anche paura a muovermi e rischiare di essere visto e colpito. Quando non ce la feci più, tentai il tutto per tutto. Mi alzai e mi proiettai fuori urlando “non sparate!”, “non sparate!”… Cadevo, inciampavo, strisciavo, poi mi sentii preso per la fascia che mi legava i polsi, sentii trascinarmi lontano da quella bolgia, vidi agenti e carabinieri armati e in tenuta antisommossa, sentii sollevarmi e adagiarmi su una barella, poi mi portarono all’Ospedale che era in stato di emergenza. Qui fui completamente spogliato, girato, osservato, pulito. Ero completamente imbevuto di sangue, i medici pensarono che fossi ferito, invece niente. Rimasi in ospedale a superare lo choc un solo giorno… ripeto: un solo giorno. Il giorno dopo fui riportato in carcere in una cella d’isolamento per una quindicina di giorni. In seguito fui interrogato come testimone, ma non ebbi nessun trattamento di riguardo particolare per aiutarmi a superare l’esperienza vissuta. Pochi giorni dopo quel fatto, un detenuto tentò l’evasione. Riuscì a scavalcare il muro di cinta oltre il quale c’era ad attenderlo la sorella. Quando gli agenti lo videro: davanti agli occhi della sorella gli spararono contro 14 colpi di mitra! Finiva così ad Alessandria la breve vita serena tra detenuti e guardie. Eravamo nel 1974. Quando uscii dal carcere, pur avendo in tasca un qualche diploma e qualche grado di cultura in più: non sapevo come gestire la mia vita. Il carcere priva della libertà fisica, ma priva anche delle necessarie esperienze utili a gestirsi, ad es.: come procurarsi il cibo, pagare le bollette, organizzare le proprie giornate, relazionarsi con le persone, cercarsi un lavoro. Da una parte volevo avere una mia vita indipendente da quella dei miei genitori, mentre dall’altra mi sentivo legato a loro per una certa sicurezza che mi davano. Vivevo questo conflitto e queste contrastanti esigenze con rabbia e nervosismo. La prima cosa che i psicologi e gli psichiatrici ti chiedono quando ti rivolgi a loro per avere un aiuto è la seguente domanda: hai degli amici? Con ciò intendendo che se hai capacità di farti amicizie sei abbastanza normale, altrimenti sei un asociale. Ma una persona che esce dal carcere: quali e quanti amici può avere? E che argomenti ha per intrattenere con loro buoni rapporti? L’amicizia si basa su comuni interessi, su comuni o simili visioni della vita, su reciproche confidenze… ma confidenze di cosa: di collegi, di carceri e di manicomio? E’ possibile realizzare dei rapporti di amicizia su queste basi? Io credo di no! Questo vuol dire che siamo degli asociali? Forse qualcuno sì, ma lo si può trovare anche fra i “normali”. In generale non siamo degli asociali, ma dei disadattati. Cioè persone non adatte a vivere in un certo contesto, perché non preparate a vivere una vita sociale normale. In generale la società non è pronta ad avere rapporti con chi ha avuto certe esperienze, e di solito non per colpa dell’ex detenuto. Oltre alle difficoltà di sapersi gestire esiste anche il certificato penale che ogni datore di lavoro può chiedere in visione e nel caso negarti la possibilità di lavorare senza fare distinzione tra delinquenti per scelta di vita, e “delinquenti” per un’infanzia mancata. Allora non è vero che siamo degli asociali, in questo caso lo è molto di più la società e lo sono molto di più anche certe leggi da medio evo. Se non sei un asociale e se non hai una forte personalità, prima o poi lo diventerai, perché gli unici amici che ti è “concesso” di avere sono solo le persone che come te hanno vissuto l’esperienza del carcere e che quindi ti possono capire, anche se di solito sono amicizie pericolose in tutti i sensi, se non altro perché possono farti fuorviare senza che te ne rendi conto. Questa breve digressione sull’asocialità per far capire il seguito della storia. Nel 1991, dopo diversi rapporti con altrettante donne non adatte a me, sposo mia moglie dalla quale mi sono separato nel 2005. Il fatto curioso e non voluto è che è nata lo stesso giorno, lo stesso mese e lo stesso anno di una bellissima ragazza conosciuta anni prima di cui mi ero invaghito, ma che purtroppo morì in un incidente stradale. Quando mi sposai i miei genitori mi misero a disposizione una certa somma di denaro per l’acquisto di una casa, o meglio per contribuire al suo acquisto insieme a mia moglie. Al quel tempo ero artigiano e lavoravo come elettricista e installatore di ascensori che a fatica ero riuscito a trovarmi, mentre lei gestiva un negozio di piante e fiori acquistatole dai suoi genitori. Quando comperammo la casa, vuoi per i miei precedenti e vuoi perché c’erano alcune ditte che non pagandomi alcune tratte mi avevano messo in difficoltà con la mia banca (ma anche per mia ingenuità ed eccessiva fiducia), decidemmo di intestare tutto a lei, ma per mia formale sicurezza, firmammo entrambi un documento olografo dove, in caso di vendita, ci impegnavamo a dividerci equamente tutto. Il nostro matrimonio fu un’esperienza traumatica per entrambi, ma per fortuna senza la nascita di figli. Almeno questo. La decisione di separarci partì da mia moglie, io l’accettai tranquillamente, ma non accettai mai il suo modo vile e violento di procedere alla nostra separazione. Quello che purtroppo non capii mai di lei, lo capii in seguito a separazione avvenuta. Comunque ci sposammo con dei progetti ben precisi che lei non rispettò mai. Per questi progetti io lasciai il mio lavoro, mettendomi completamente nelle sue mani, anche per cominciare ad impostare l’attività che avevamo progettato di fare, ossia un’attività legata agli animali d’affezione, quindi: pensione cani e gatti, cimitero, campo o percorso agility, vendita di cucce e canili in legno, ecc.. Inoltre avevamo preso una casa di campagna che necessitava di qualche aggiustamento. Quando capii che mia moglie non intendeva cambiare stile di vita come avevamo progettato, tentai di lavorare per conto mio ma non mi fu facile sia per i miei precedenti penali e sia per l’età non più giovanissima e sia anche perché in queste mie iniziative ero da lei ostacolato e contrastato, perché voleva che mi cercassi un lavoro qualsiasi come dipendente, anche se fino a quel momento diceva che uno stipendio bastava per tutti e due oppure, che anche l’uomo poteva fare il casalingo, insomma, una serie di contraddizioni che non prendevano in considerazione ne me, ossia le mie esigenze, ne la fattibilità di certe sue proposte. Quando decise di separarsi mi lasciò senza la possibilità di un reddito e con un mutuo da pagare in cui lei aveva messo la firma come garante. Infine, raccontò a tutti dei miei precedenti, raccontò che non volevo lavorare, che spendevo i soldi, infine fece contro di me una falsa denuncia di violenza nei confronti di sua madre, facendo sempre leva sui miei precedenti. Denuncia che in seguito ritirò, ma il danno che mi fece fu enorme. In quel periodo credevo di impazzire! Avevo una gran paura di essere travolto dalla rabbia e di sfogarla su di lei. Passai dei brutti momenti, tanto che arrivai ad un gesto estremo di autolesionismo tagliandomi profondamente un braccio. Fui aiutato dal mio medico che proprio in quel momento era venuto a visitarmi sapendo della mia depressione e di quello che stavo passando. Dopo le cure al braccio, mi ricoverarono in un piccolo centro di Igiene Mentale a Fidenza (PR) dove ci rimasi per 20 giorni. Quando uscii non avevo niente e nessuno che mi aspettava, salvo mia madre con la quale però avevo un rapporto mai chiarito e quindi ancora abbastanza conflittuale. In fase di separazione mi fu concesso l’usufrutto ventennale della casa, la metà del suo valore in caso di vendita e dal momento che possedevo anche un piccolo ufficio, dichiarai la mia volontà di dividere con lei l’eventuale ricavato dalla sua vendita. L’unica persona che in quel periodo poteva aiutarmi era mia madre nel frattempo rimasta vedova, ma dopo i traumi e la mia infanzia, non volevo avvicinarla, soprattutto se la ragione del mio riavvicinamento era per necessità. Avrei avuto bisogno di qualcuno vicino che mi aiutasse a superare o anche solo per parlare… invece niente. Senza soldi e senza sostegno, dovetti guardarmi intorno alla ricerca di un lavoro. Avendo la patente C dopo alcuni tentativi andati a vuoto perché “troppo vecchio” o perché avevo dei precedenti, finalmente trovai occupazione presso una ditta di raccolta dei rifiuti. Ma il comportamento di mia moglie, la sua viltà e il suo cinismo mi aveva profondamente rovinato. Senza nessuna possibilità di potermi nemmeno farmi curare il sistema nervoso, vivevo in condizione di stress assoluto, tanto da non riuscire a svolgere bene il lavoro. Mi dimenticavo di svuotare alcuni cassonetti, sbagliavo giro o strada, ero irascibile con i compagni di lavoro e addirittura con lo stesso responsabile o capo del personale. Finché un giorno, al massimo della tensione e dello stress, feci una manovra sbagliata con il camion compattatore che finì fuori strada, in bilico su di una scarpata. Questo per descrivere la mia situazione. Trovai altri lavori, ma quasi tutti si risolsero negativamente per la mia condizione di totale assenza di serenità. Verso la fine del 2006 mi trasferii a vivere con mia madre in quanto lei non era quasi più in grado di recarsi a farsi la spesa e anche perché essendo diabetica, aveva bisogno di continue cure. Trovai nel frattempo un’altra occupazione che durò circa un anno e mezzo, poi la ditta chiuse per rischio di fallimento e venne assorbita da una multinazionale americana che ridusse drasticamente il personale. Da allora mi fu sempre più difficile trovare un altro lavoro, dovendo anche badare a mia madre. Feci allora domanda per l’assegno di accompagnamento che fu accettata. Il giorno 19 Giugno 2009 mia madre venne ricoverata in ospedale in seguito alla frattura di un femore. Il giorno 13 Luglio 2009 viene dimessa e trasferita a S. Secondo in un centro di riabilitazione dove però le riscontrano da subito una piaga infetta da decubito e il giorno 28 Luglio del 2009 muore a causa di una forte setticemia e conseguente arresto cardiaco. Ditemi voi se a questo punto non c’è da impazzire completamente. Con mia madre avevo spesso avuto dei conflitti, ma ciò non toglie che le volessi bene, anzi ero io che credevo che non me ne volesse visto la mia infanzia. Dopo questa ennesima esperienza, sono rimasto ancora più solo. Vorrei denunciare l’ospedale, ma non ho la possibilità economica. Intanto mia moglie ha venduto il terreno e fingendo di dimenticare i nostri accordi, non ha nessuna intenzione di darmi la metà, anzi me la darebbe (ma è solo una velata promessa), se in cambio rinuncio al comodato sulla casa e in pochissimi giorni la libero. Anche volendolo fare: come posso pagarmi un affitto di 500 euro al mese? Come posso iniziare un trasloco senza possibilità economica? Nel frattempo è subentrato un altro fatto. La causa che avevo con una ditta si è conclusa e dalla ragione iniziale, sono passato ad avere torto per la mia impossibilità di sostenerla e di pagare un legale. Quindi la contro parte si è rivalsa sulle mie proprietà, ossia l’ufficio che è stato pignorato. essendo pignorato mia moglie intende trattenersi la parte che le sarebbe aspettata… Quindi!? Io trovo profondamente ingiusto e vile tutto questo. In fase di separazione avevamo entrambi lo stesso legale che in seguito ho soppiantato per evidente sua partigianeria verso mia moglie. A questo punto si sarebbe dovuto ritirare e invece è ancora presente. Che ce l’abbia con me se ne è accorto anche il mio nuovo legale che si è prestato a farmi il gratuito patrocinio. Vorrei denunciare mia moglie per menzogne, calunnie, o truffa perché io la vedo come una truffa, ma purtroppo il documento che avevamo firmato non si trova più e mia madre e mio padre che potevano testimoniare sono deceduti. Mia moglie ha però sempre indirettamente ammesso che mi deve dei soldi, come ad esempio quando mi fece il conto di quello che mi doveva, detratte dalle spese di passaggio, quelle notarili e di agenzia. Io sono disperato. sto pensando a una forma di protesta, ma poi chi mi ascolta’ Chi si accorgerà di me? Sto pensando allo sciopero della fame, ma prima di incominciare a farlo, avvertire prefetto, avvocati, stampa e magari qualche programma televisivo… Dalla foga sono andato oltre le mie intenzioni. Volevo che questa mia fosse chiara, ma il “fiume” delle emozioni mi ha travolto e così sul finire ho scritto d’impulso. Sono due anni che devo pagare il funerale di mia madre e sistemarle la tomba: questo mia moglie lo sa…. Datemi un consiglio, per cortesia.
29.8.11
Salve,
ho trovato in internet la vostra associazione e volevo raccontarvi una storia per sapere se fosse possibile fare qualcosa.
Non mi riguarda in prima persona, ma si tratta del papà di una delle mie più care amiche.
Allora quest'uomo si trovava in detenzione da quattro anni, mentre era detenuto ha avuto una polmonite, gli è stata curata, male, ma secondo quei medici finiva lì.
Ora quest'uomo è libero da Aprile, torna dalla sua famiglia, e comincia a farsi dei controlli poichè aveva dei dolori alle ossa, ad oggi, dopo praticamente un mese che si era riunito alla sua famiglia, gli hanno diagnosticato 2 tumori ai polmoni e uno all'anca al quarto stadio, praticamente non c'è più niente da fare, gli hanno dato pochi mesi di vita, gettando un uomo e una famiglia nella disperazione.
Ora io mi chiedo, un medico che cura una polmonite come riesce a non accorgersi che lì ci sono due tumori di 7 cm???? che lo rimanda in cella dicendo che è tutto apposto???
Io vorrei sapere se queste persone possono fare qualcosa, se possono denunciare qualcuno, perchè davvero sembra una beffa della vita dopo quattro anni di attesa. Forse se qualcuno avesse prestato più attenzione la situazione ora non sarebbe stata così compromessa.
Vi ringrazio anticipatamente per la vostra disponibilità.
Cordialmente, C.
10.8.11
ho visitato la pagina del blog detenutoignoto.blogspot.com/2009_07_01_archive.html e chiedo di essere aiutata intendo sporgere denuncia contro lo stato Italiano alla Corte dei Diritti Umani. Per la veritá le denunce da fare nel mio caso sono diverse. Sono stata arrestata ingiustamente e rinchiusa per 7 mesi nel carcere di Gazzi (Messina) finché non sono riuscita a fornire sufficienti prove per il pm per lasciarmi andare. Dopo aver letto le prove fornite (cosa assai strana perché non perdono tempo a leggere) mi ha scarcerata immediatamente. Inutile sottolineare che sono totalmente innocente, In ottobre inizierà il processo. Quel che ho vissuto é indimenticabile. Inaccettabile per me che vivo in Germania e quindi in una realtá totalmente diversa da quella italiana. Ho visto che ormai la gente é rassegnata pensa che non ci sia nulla da fare e che debba subire senza lamentarsi. le detenute sperano solo di uscire e di dimenticare quasi nessuna pensa che quel che si subisce durante la detenzione non puó accadere in un paese apparentemente civile come l´Italia e che puó chiedere giustizia oltre l´Italia. Vorrei poter parlare con qualcuno che possa indicarmi come mettere in atto nel miglior dei modi le mie intenzioni. Ho contattato alcuni giornalisti Tedeschi e devo decidere se iniziare con un supporto in Italia o rivolgermi a delle associazioni Tedesche.
Cordialmente,
E.
26.7.11
Gentilissima sig. Testa , le scrivo a proposito di un mio amico che è detenuto nel carcere di poggioreale per un reato minore e per il quale avrebbe potuto scontare la pena ai domiciliari. Ma avendo perso la casa perchè non poteva più pagare l'affitto è costretto alla detenzione a poggioreale. Prima dell'arresto aveva fatto domanda al comune di napoli per l'assegnazione di un alloggio, era 23simo in graduatoria. Vorrei aiutarlo, se gli concedono un alloggio potrebbe finire la sua pena ai domiciliari. Ma non sò a chi rivolgermi, dove andare. Per questo le scrivo, chiedo il suo aiuto con la speranza che lei possa fare qualcosa indirizzandomi da qualche parte. In attesa di una sua cortese risposta la saluto e le faccio tanti auguri per la causa che porta avanti insieme all'onorevole Pannella e la signora Berardini. Grazie. L Z
20-7-11
Buonasera, mi chiamo L D'A e le scrivo da Palermo. Sono la moglie di O F attualmente detenuto presso
il carcere di Melfi (PZ) per il reato di bancarotta fraudolente con l'aggravante dell'art. 7. Attualmente ha già scontato 37 mesi
e rimangono per il fine pena meno di 2 anni. Le scrivo perchè ho bisogno di aiuto direi alquanto urgente in quanto mio marito
ha 75 anni è sta veramente male tutto correlato da certificati medici. Ha avuto un ischemia celebrale con conseguenza perdita
dell'udito da un orecchio, non cammina se non è sorretto portando anche le stampelle, inoltre con tutte altre patologie di una
certa importanza sempre certificate. Ho cercato aiuto da vari avvocati ma tutti hanno solo fatto domande tutte rifiutate,
attualmente ho preso un avvocato di Roma con spese non indifferenti essendo da sola e con due figlie di cui una ancora minore.
Il direttore sanitario ha pure scritto al Tribunale di Potenza dicendo di non prendersi più nessuna responsabilità essendo già
disposto in sentenza il trasferimento di mio marito in un centro sanitario idoneo al suo stato di salute in data ottobre 2010.
Ho conciso il tutto sperando di essere stata chiara, dico solo che il medico legale che ha esaminato la cartella clinica ha
usato il termine che mio marito è "una bomba che cammina" cioè potrebbe morire in qualsiasi momento lontano da noi e
il pensiero ci distrugge la vita. Noi lo vediamo ogni 3 - 4 mesi perchè non possiamo permetterci economicamente di partire
spesso. Chiedo solo che qualcuno mi aiuti a sollecitare il Giudice di Sorveglianza a rimandarlo a casa.
Vorrei tanto poterLe parlare per telefono e inviarLe via fax l'ultimo sollecito cosi potrà rendersi conto meglio di quello che
le ho scritto.
La ringrazio e mi scuso del disturbo ma la prego mi aiuti.
Distinti saluti.
30.6.11
Ciao sono F L una ragazza di 24 anni, che vive a Polistena in provincia di Reggio Calabria, vivo in questo inferno del sud, non per i miei compaseani, ma per lo Stato, infatti qua al sud ormai da diverso tempo viviamo in uno stato di polizia, qualsiasi parola diciamo viene fraintesa, un semplice gesto viene inteso come gesti in codice, insomma non si può più vivere. Mio papà è stato arrestato il 13 luglio scorso, in un primo momento detenuto presso il carcere di Voghera, e poi nel dicembre 2010 trasferito nel carcere di Cuneo al regime di 41 bis, un trauma notevole, infatti mio papà è stato trasferito il 18 dicembre e noi abbiamo ricevuto sue notizie il 5 gennaio, neanche la posta ci arrivava, mia mamma molto legata a mio papà stava malissimo. La cosa più grave è avvenuta il 15 Marzo quando in una notte si sono portati via un'intera famiglia: mia mamma, mio fratello, mio marito, i due fratelli di mio papà, i miei cugini e altri parenti; e purtroppo di queste operazioni come li chiamano loro, quasi ogni notte se ne fanno, per lo Stato tutti i calabresi sono mafiosi, e se porti un cognome particolare sei finito, io vorrei tanto sapere quello che devo fare per riscattarmi. La mia famiglia ha sempre lavorato onestamente, i miei genitori sono delle persone splendide che mi hanno dato tanta educazione, insegnandomi i principi e i valori del vita, mi sono sposata un anno fa con un ragazzo pulito e onesto, non riesco a capire perchè ci troviamo in queste condizioni, nelle ordinanze di custodia cautelare si leggono sempre le stesse cose, qua da noi al sud, non puoi cambiare vita perchè ti ritrovi a pagare sempre per lo stesso reato, e poi se entra in un bar un gruppo di persone pregiudicate per un semplice caffè, dopo un paio di giorni vengono arrestate, non è vita questa. Mio papà è da 6 mesi al 41 bis, una crudeltà infinita non poter sfiorare le mani del propio padre e vederlo una volta al mese per un ora, nel mese di luglio non potrò neanche andare al colloquio perchè giustamente mio papà vuole sentire la voce di mia mamma per telefono, e per una telefonata di 10 minuti a mio papà non gli fanno fare il colloquio. Mia mamma è stata arrestata solo per il semplice fatto di andare a fare colloquio a mio papà, con l'accusa di essere la persona che trasmette messaggi fuori dal carcere, non avendo nessun riscontro, mio marito un ragazzo incensurato, che lavorava e alle nove di sera andava a dormire arrestato solo per il semplice fatto che faceva il ragioniere dal 2004 nell'azinda di mio papà, cose assurde. Un'altra ingiustizia è stata quella di abolire le telefonate di mio papà con i propri legali, un'iniziativa presa dal pubblico ministero, cioè gli avvocati di mio papà devono partire da reggio calabria a cuneo per un semplice consulto di difesa. Mio papà siccome è una persona molto intellingente ha fatto lui personalmente l'istanza al pubblico ministero con esito di rigetto, vengono negati i diritti minimi. A Messina dove è detenuta mia mamma non c'è neanche una chiesa, a mio papà non lo fanno neanche andare a messa, io mi domando il Papa in tutto questo dov'è? la fede aiuta molto in queste condizioni, i carceri sono super affollati, perchè arrestano persone in massa, senza sapere chi è colpevole, prima ti buttano dentro un carcere per un anno, poi se tutto va bene ti inizia il processo, e poi se ne parla, alla fine sei pure innocente, che giustizia è? Vi dico che qua in Calabria abbiamo bisogno di tanto aiuto, non possiamo più vivere, ci arrestano tutta la famiglia, ci sequestrano tutti i nostri beni, avuti con lavoro e sacrifici, aiutateci!
29.6.11
salve sono la sorella di un detenuto barese di appena 18 anni è entrato nel
carcere all età di 17 anni..quindi ancora minore..assume di continuo
psicofarmaci forniti dal medico della struttura perchè non riesce a dormire è
sempre agitato e nervoso..molte volte sono talmente tanti i farmaci che gli
fanno assumere che quando andiamo al colloquio riesce a stento a tenere gli
occhi aperti a parere nostro non c è un buon controllo di questi farmaci prima
di tutto ...piu volte a tentato di togliersi la vita o comunque di fare male a
se stesso procurandosi taglie e ferite a varie parti del corpo finendo in
ospedale e anche in clinica psichiatrica....appena la sua condanna è stata
definitiva viene trasferito fuori dalla sua città a potenza dove noi nn potremo
andare piu spesso a trovarlo per varie ragioni lavorative ed economiche..allora
dico che fine fà la tutela la tutela di questo detenuto?? soggetto a
depressione e inoltre solo da poco diventato maggiorenne? non so se voi ci
potreste dare 1 mano per capire come poterci muovere..vi sarei lieta se ci
rispondeste.
grazie, distinti saluti M L
10.6.11
Io sotoscritta L Z, moglie di Z R, ininterrottamente detenuto dal mese di gennaio 2003, sottoposto sin dall'inizio della detenzione al regime di sorveglianza speciale ex art. 41 bis ord. Pen., attualmente ristretto presso la casa di reclusione di Spoleto (PG), vi contatto per descrivere la situazione giudiziaria di mio marito e i continui abusi di natura giuridica che lo stesso subisce da diversi anni. Logicamente, sono in grado solo di fare brevi riferimenti a tali ingiustizie che stiamo soffrendo.
Nella speranza che questa mia non rimanga lettera morta, il nostro Avvocato di fiducia, P R del Foro di Napoli, sarà in grado di spiegare tutti i passaggi, giuridici e non, che mi hanno convinta a ricorrere ai mass media nel tentativo di dare a mio marito la giustizia che i Tribunali e gli Avvocati gli negano.
Certamente, mio marito R da ragazzo aveva compiuto una scelta di vita sbagliata e qui nessuno cerca di giustificarlo, anzi ha meritato fino all'ultimo le pene sofferte, però, dev'essere altrettanto giusto che, pagato il suo debito allo Stato e alla società civile, egli debba legittimamente usufruire degli Istituti Giuridici che lo Stato stesso mette a disposizione dei detenuti, sempre che, ovviamente ne ricorrano i presupposti. Si badi bene, questa non è la solita richiesta di aiuto dettata da motivi di carità e/o pietà cristiana. Questo è un grido levato al cielo da chi, pur avendo interamente espiato la condanna inflittagli, vede negati i propri diritti di detenuto, attraverso continue negazioni, spesso anche palesemente immotivate sul piano giuridico.
Di proposito, mi limito a partire dalla fine, accennando brevemente solo all'ultimo episodio, anche se è quello che mi ha dato la spinta decisiva per contattarvi. Mio marito, attraverso il Prof. Avv. GP e l'Avv. P R ha proposto ricorso per Cassazione avverso un'ordinanza della Corte di Appello di Napoli che, pur riconoscendo il vincolo della continuazione tra le diverse sentenze di condanna a carico di mio marito, ha quantificato la pena finale individuando il reato più grave in quello punito con la pena più alta applicata in sentenza. Tale interpretazione dell'istituto della continuazione va apertamente contro la sentenza delle SS.UU. che mette fine alla diatriba giurisprudenziale, identificando come reato più grave da cui partire per applicare la continuazione tra diverse sentenze, quello per cui è prevista la pena edittamente più alta. Tale richiesta è quella fatta dai difensori di mio marito, disattesa pretestuosamente dalla Corte di Appello. Senza perdersi d'animo, come detto poc'anzi, ci siamo rivolti alla Suprema Corte che ha rigettato il ricorso. Per non parlare di quanto avvenuto davanti a ogni giudice nelle fasi precedenti. La mia richiesta, pertanto sarebbe quella di incontrarvi per mostrarvi, documenti alla mano, come le richieste di mio marito siano perfettamente allineate con quanto previsto dal Legislatore e, allo stesso tempo, quanto siano artificiosi i provvedimenti con cui tali sacrosante richieste vengono disattese.
Nell'attesa vi porgo distinti saluti.
3.5.11
SALVE
SONO UNA GIOVANE DONNA, LA MIA MAIL E'UN GRIDO D'AIUTO.
LA NOTTE DEL 21 NOVEMBRE LA MIA VITA E'COMPLETAMENTE CAMBIATA IN MODO
VIOLENTO...
MIA MADRE ERA ASSISTENTE SOCIALE SPECIALISTA, SI OCCUPAVA DEI CASI DI AFFIDO
ED ERA DIRETTRICE DELL'ORATORIO DEL NOSTRO PAESINO,NEL TEMPO LIBERO SI
OCCUPAVA DEI BISOGNOSI DEL NOSTRO PAESE E DEI PAESI LIMITROFI.
VI PARLO DI LEI PECHE' PROPRIO IN QUELLA NOTTE E'STATA ARRESTATA,LO SO CHE
E'DIFFICILE DA CREDERE,MA E'INNOCENTE,LA SUA UNICA COLPA E' CHE LA SUA FAMIGLIA
DI ORIGINE HA SCELTO UN PERCORSO SBAGLIATO,PORTA IL PESO DELLE LORO COLPE E DI
UN COGNOME, HA TRASCORSO L'ESISTENZA CERCANDO DI DIFFERENZIARSI, NON HA MAI
COMMESSO ALTRI REATI(NON HA NEMMENO AVUTO UNA MULTA)E INVECE...
HO SEMPRE CREDUTO NELLA GIUSTIZIA MA IN QUESTA SITUAZIONE MI SONO RESA CONTO
DI QUANTO POTERE CI SIA NELLE MANI DEI MAGISTRATI E QUANTO SIA LENTO L'ITER
GIUDIZIARIO.
VI SCRIVO SOPRATTUTTO PERCHE'MIA MADRE E'INVALIDA ,HA UNA MALATTIA NEUROLOGICA
CHE LA RENDE DEBOLE E LENTA NEI MOVIMENTI E LA STRUTTURA IN CUI SI TROVAVA NON
ERA IDONEA AL SUO STATO FISICO(CELLE AFFOLLATE,21 GIORNI IN ISOLAMENTO SENZA
ACQUA CALDA E RISCALDAMENTI)
MIA MADRE OGGI E' A CASA IN ATTESA DI GIUDIZIO(e' STATA LIBERATA DALLA
CASSAZIONE PER MANCANZA DI PROVE), LE CONDIZIONI DISUMANE ADOTTATE IN CARCERE
L'HANNO RESA ANCOR PIU' INVALIDA,HA PERSO QUASI COMPLETAMENTE L'USO DELLE GAMBE
ED E' IN UNO STATO DI FORTE DEPRESSIONE.
IN UNA NOTTE LA DIGNITA'DI UNA DONNA E'STATA DISTRUTTA,UNA FAMIGLIA SEPARATA E
LESIONATA MORAMENTE.
VORREI DELLE DELUCIDAZIONI SU COME AFFRONTARE UNA CAUSA PER NEGLIGENZA
CARCERARIA.
ECCO,QUESTA E'LA MIA TRISTE STORIA,SPERO CHE CON VOI IL MIO URLO POTRA' AVERE
UN ECO.
15.5.2011
ciao a tutti coloro che legeranno questa e-maile ,grazie a tutti coloro che potranno darmi una mano. sono la compagna di un uomo di 48 anni che da 10 mesi si trova nel carcere di tempio pausania "sequestrato" dalla magistratura di cagliari con l'accusa di aver partecipato ad un traffico di droga proveniente dalla capitale x essere distribuito nel mercato sardo. tutto e accaduto nel febbraio 2009 ,la guardia di finanza di olbia durante un normale controllo rinviene nel furgone di un romano 51 kg di ascish, viene quindi arrestato nel carcere di tempio ;quindi processato 3 mesi dopo e rilasciato in regime di arresti domiciliari.a luglio del 2010 viene la guardia di finanza a casa del mio fidanzato e lo porta in carcere con l'accusa di essere il destinatario della merce e insieme a lui viene arrestato un altro tizio a roma che viaggiava con il corriere al momento dell'arresto. perche sono venuti proprio dal mio uomo? intercettazioni telefoniche inesistenti. tra il corrire e lui c'e un rapporto di amicizia che risale all'infanzia di entrambi ,che si e consolidata negli anni soprattutto perche ci sono le figlie che sono coetanee al momento gia magiorenni . la storia e complicata perche cosi sembrerebbe che la magistratura abbia ragione , ma non e cosi.per loro e stato semplice risalire a lui inquanto il n del suo telefono era sulla rubbrica del predetto corriere. il fatto e che 4 anni fa il mio fidanzato si e separato dalla moglie ed insieme a lei ha lasciato tutti gli amici che avevano in comune . non esiste nessuna chiamata ne prima ne dopo che possa far pensare ad un accordo per un presunto traffico di droga .nei tabulati sono pero presenti telefonate di richiste di aiuto da parte della moglie per fronteggiare le spese dell'avvocato. il mio compagno si e quindi prodigato alla ricerca di soldi per aiutare questo amico cercando cuperare crediti di lavori fatti tempo fa e mai retribuiti ..non c' e niente di niente che possa far anche solo pensare alla complicita tra i due. ho omesso di dire che: 1) il mio compagno fa uso di marjana da sempre che personalmente si coltiva e al momento dell'arresto in casa sua ne hanno tovato 30 g ,2) il corriere da anni ormai aveva aqiustato 1 terreno a carloforte quindi qui a golfo aranci era solo di passaggio inquanto la nave veloce da civitavecchia arriva proprio qui.vi starete chiedendo perche questa pazza sta scrivendo proprio a noi? e soprattutto cosa vuole? una cosa alla volta non ho ancora terminato il mio racconto. dunque la cosa piu inquetante arriva ora perche dietro tutto questo bel castello c'e la dea di cagliari e pare che al momento sia in crisi inquanto i casi da essere sottoposti al loro controllo in tutta la sardegna siano veramente pochi a tal punto da rischiare la chisura dell'organizzane stessa .quindi una volta che si occupano di un caso ovviamente i capi d'accusa lievitano e tutto diventa inacessibile ogni istanza viene prontamente rifiutata e cosi via .ora vengo a rispondere alle vostre domande. in primis non ho alcun tipo di aspettativa, il caso e seguito da 2 bravi penalisti , la mia vuele essere solo una denuncia per l'ingiustizia della legge che dovrebbe tutelare le persone oneste senza alcuna scrupolo le sequestra solo per fare numeri. il mio fidanzato e di professione pescatore e si guadagna duramente il suo stipendio .pescare non e un gioca e solo chi lo fa puo capirlo. credo fermamente che se fosse stato figlio di" papa "non avrebbere neppure osato pensare di arrestarlo alla luce delle prove esistenti . ma ormai sappiamo bene quanto bisogno ha la nostra societa di numeri in tutti i settori. i numeri sono economia, ed e normale andare a reperirli nei cetti sociali bassi anzi piu sono bassi e piu facile è .chi mai farebbe un inutile intervento di appendicectomia al figilo di un avvocato?molto piu semplice farlo a quello dell'operaio comune! bene amici mi sono dilungata un po , probilmente non verro neppure letta interamente, non importa il mio scopo in un certo senso l'ho gia raggiunto facendo questa denuncia e togliendolmi dallo stomaco questo groppone. se poi avete qualche suggerimento per aiutarmi grazie a tutti. un bacio
27.4.11
MIA MADRE IL 21.11.2007 DATA IN CUI E’ STATA ARRESTATA AVEVA UN INVALIDITA’
DEL 70%, PER LA PATOLOGIA DELLA C.M.T.
QUANDO E’ STATA VISITATA IN CARCERE, HA COMUNICATO LA MALATTIA.
ALL’ISPEZIONE NEL TRANSITO LEI NON HA POTUTO FARE LE FLESSIONI NUDA, PERCHE’
NON AVEVA LA FORZA PER RIALZARSI.
MIA MADRE PER TENERE SOTTO CONTROLLO LA MALATTIA, SI SOTTOPONEVA
PERIODICAMENTE A CICLI DI F.K.T. PER NON PERDERE LE RESIDUE CAPACITA’ DI
MOVIMENTO.
NON SI AFFATICAVA MAI, DOVEVA SEMPRE STARE IN AMBIENTI CALDI, PERFINO IL PESO
DELLE COPERTE LE RECAVA DISAGIO ALLE GAMBE E ALLE BRACCIA,QUINDI USAVA PIUMONI
LEGGERI.
DOPO L’ARRESTO E’ STATA TRATTENUTA PER 21 GIORNI IN UNA CELLA DI ISOLAMENTO
(NESSUNO LE HA MAI COMUNICATO IL MOTIVO), IN QUESTA CELLA DETTA DI “TRANSITO”
NON VI ERANO RISCALDAMENTI FUNZIONANTI, MANCAVA L’ACQUA CALDA E LA DOCCIA.
ESSENDO AL PIANO TERRA L’UMIDITA’ AVEVA INVASO LE PARETI E IL MATERASSO E LE
COPERTE ERANO AMMUFFITI.
INOLTRE LE COPERTE PESANTI RENDEVANO IMMOBILE MIA MADRE.
SUCCESSIVAMENTE E’ STATA TRASFERITA NEL REPARTO, IN UNA CELLA (ALLEGO
PIANTINA) DA CONDIVIDERE CON ALTRE 9 DETENUTE.
PIU’ VOLTE E’ STATA VISITATA DAL DIRIGENTE MEDICO CHE LE HA SEMPRE NEGATO
TERAPIE E UNA SEDIA CON LO SCHIENALE (IN CELLA C’ERANO SOLO SGABELLI).
SUCCESSIVAMENTE, IL DIRIGENTE MEDICO IN QUESTIONE E’ STATO ARRESTATO PER
ASSOCIAZIONE CAMORRISTICA.
IL NUOVO DIRIGENTE (DOPO 3 MESI)LE CONCESSE UNA SEDIA CON LO SCHIENALE, VISTO
CHE ORMAI MIA MADRE CONTINUAVA A CADERE DAGLI SGABELLI.
NEL FRATTEMPO NOI FAMILIARI RICHIEDEMMO UNA PERIZIA DA UNA NEUROLOGA ESTERNA,
DOTT. QUARANTIELLO, CHE DICHIARO’ CHE LA PATOLOGIA DI MIA MADRE ERA
INCOMPATIBILE CON QUELLA STRUTTURA CARCERARIA.
IL PERITO DEL GIUDICE,CARDIOLOGO, DOTT. PADULA, DISSE CHE ERA COMPATIBILE MA
BISOGNAVA EFFETTUARE DELLE MODIFICHE ALLA CELLA…COSA CHE NON E’ MAI STATA
FATTA.
FINALMENTE,DOPO VARI RIESAMI, IL 28.05.2008, MAMMA E’ TORNATA A CASA, LIBERATA
DALLA CASSAZIONE.
OGGI MIA MADRE E’ INVALIDA AL 100%, HA QUASI PERSO L’USO DELLE GAMBE, USA LA
SEDIA A ROTELLE, NON E’ PIU’ IN GRADO DI LAVORARE.
ALLEGO L’INQUADRAMENTO CLINICO DELLA MALATTIA
E LA PIANTINA DELLA CELLA.
3-4-2011
RICHIESTA D’AIUTO
LE SCRIVO QUESTA LETTERA PERCHE’ SONO DISPERATA, IN CERCA DI QUALCUNO CHE MI POSSA PER SALVARE LA VITA DI MIO FRATELLO , PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI, PER QUESTO HO DECISO DI RACCONTARE A VOI.
TUTTO E’ INIZIATO CIRCA UN ANNO FA, QUANDO MIO FRATELLO VIENE PRELEVATO DALLA STAZIONE DEI CARABINIRI DI REGGIO CALABRIA, PORTAMDOLO IN CARCERE.
PREMETTO CHE MIO FRATELLO ERA UN IMPRENDITORE, DICO ERA PERCHE LA SUA VITA E’ STATA ROVINATA, INOLTRE MIO FRATELLO DA GIOVANE HA SOFFERTO DI DEPRESSIONE CON ATTACCHI DI PANICO PE PROBLEMI FAMILIARI, MA STAVA GUARENDO.
- SUCCESIVAMENTE VIENE TRASFERITO NEL CARCERE DI MESINA CHE NE RIMANE PER CIRCA 8 MESI, MA GRAZIE ALL’INTERVENTO DI UNA CRIMINOLOGA E AL NOSTRO AVVOCATO , SIAMO RIUSCITI GRAZIE AD UNA COSULENZA CRIMINOLOGICA ED ALLA RICHIESTA DELLA CARTELLA CLINICA DEL CARCERE, DOVE VIENE DEPOSITA PRESSO LA PROCURA DI REGGIO CALABRIA.
- SUCCESSIVAMENTE IL G.IP. E IL P.M. NOMINANO UN LORO PERITO, E INSIEME AI NOSTRI PERITI SI RECANO PRESSO LA CASA CIRCODARIALE DI MESSINA, PER PERIZIARE MIO FRATELLO, IL PERITO NOMINATO DAL G.I. P. CONCLUDE “che mio fratello presenta una condizione psicopatologica inquadrabile come disturbo dell’adattamento,cronico, grave, tale condizione si sovrappone ad una persistente affezione sindromica di tipo ansioso-depressivo. La descritta patologia non può trarre giovamento da misure terapeutiche attuate all’interno dell’istituzione carceraria o in centri clinici carcerarie che ne mimerebbero la tipologia rappresentando una consimile fonte di sollecitazione psicoemotiva; in tale condizione è ipotizzabile che l’evoluzione del quadro clinico si indirizzi verso l’approfondimento (depressivo maggiore) o la cronicizzazione.”il dott. Malara conclude “che una misura adeguata può essere rappresentata dal ricovero del periziando in una struttura riabilitativa del dipartimento di salute mentale di Reggio Calabria, unità operativa in grado di garantire sia la custodia del soggetto che l’effettuazione delle necessarie terapie”.
- SUCCESSIVAMENTE IL G.I.P. DECIDE DI TRASFERIRE MIO FRATELLO ,PRESSO UNA STRUTURA ESTERNA AL CARCERE, DATO CH LA PERIZIA CONCLUDEVA CHE AVEVA BISOGNO DI CURE AL DI FUORO DELLA STRUTTURA CARCERARIA.
DA QUI INIZIA PER MIO FRATELLO E LA NOSTRA FAMIGLIA UN CAMMINO DRASTICO PIENO DI DOLORE E SOFFERENZA.
DAL CARCERE DI MESSINA CHE DOVEVA ESSERE TRASFERITOIN UNA STRUTURA DOVE GLI PERMETTEVA DI CURARSI, MA IN REALA VIENE PORTATO NEL CARCERE DI PALMI PER MOTIVI DI ORGANIZZAZIONE , CHE NE RIMARRA’ PER 7 GIORNI DOVE VIENE MESSO IN ISOLAMENTO E LA SUA MALATTIA INCOMINCIA PEGGIORARE OGNI GIORNO DI PIU’.
MA GRAZIE AL CONTINUO INTERVENTO DELL’AVVOTATO E DELLA NOSTRA CONSULENTE, VIENE TRASFERITO PRESSO L’ OSPEDEALE RIUNITI DI REGGIO CALABRIA, PER NOI ERA STATO UN SOLLIEVO.
MA IL GIONO DOPO VENIAMO A SAPERE CHE ERA STATO CHIUSO IN ISOLAMENTO NELLE CELLETTE DEL REPARTO DI PSICHIATRIA PER MANCAZA DI POSTI NEL REPARTO.
- SUCCESSIVAMENTE DOPO 5 GIORNI DOPO LE VARIE ISTANZE PRESENTATE DAL NOSTRO AVVOCATO MIO FRATELLO VIENE TRASFERITO IN UNA STRUTTURA ADATTA PER CURARSI E RIABILARSI.
MA IL G.I.P. NEL SUO TRASFERIMENTO INSERISCE L’ART.286 C.P.P. DOVE IL PAZIENTE DEVE ESSERE ASSISTITO 24 ORE SU 24, DAL PIANTONAMENTO.
ARRIVATO NELLA STRUTTURA MIO FRATELLO GRAZIE ALLE CURE FATTE DAL DOTTORE E DAGLI EDUCATORI SI INIZIANO A VEDERE DEI MIGLIORAMENTO, ANCHE DALLE CONTINUE VISI DELLA MOGLIE E DEI SUOI 3 BAMBINI DI TENERA ETA’ (DUE GEMMELLINE DI OTTO MESI E UN MASCHIETTO DI DUE ANNI).
ANCHE NELLA STRUTTURA GLI VENIVA PRIVATO LA LIBERTA DI RIABILITARSI DATO CHE IL PIANTONE NON PERMETTEVA A MIO FRATELLO DI INIZIARE UNA FASE RIABILITATIVA, PROGRAMMA PRESENTATO DAL DOTTORE RESONSABILE DELLA STRUTTURA AL G.I.P.
- SUCCESSIVAMENTE IL NOSTRO AVVOCATO CHIEDE AL G.I.P. DI REVOCARE IL PIANTONAMENTO PERCHE’ OSTACOLANO LE SUE ATTIVITA’, MA IL G.I.P. RIGETTA E NOMINA PER UNA SECONDA VOLTA UN SUO C.T.U. PER VALUTARE LA SITUAZIONE DI SALUTE DI MIO FRATELLO, IL C.T.U. NELLA SUA CONSULEZA CONCLUDE” il periziando G V presenta a tutt’oggi un quadro clinico di Disturbo Misto Ansioso-depressivo; le sue condizioni cliniche sono sensibilmente migliorate rispetto a quanto osservato alla fine dello scorso anno, nel corso della valutazione peritale affettuata quando egli era detenuto nella Casa Circondariale di Messina.
La scelta di sostituire la detenzione carceraria con il regime custodiale in una struttura del SSN ha consentito al periziando di fruire di efficace prestazioni clinico-terapeutiche in un ambiente meno emotigeno e più rassicurante, ed se il mantenimento delle misure custodiali impone alcuni limiti alle intenzioni tra il soggetto e lo staf curante, pare indubbio allo scrivente che i vantaggi ottenibili con l’attuale collocazione sopravanzino abbondantemente i disagi generati dalla necessaria sorveglianza ”.
-dalle forti pressioni della casa circondariale di Reggio Calabria per motivi, di personale l’amministrazione chiede al Dap di trovare una struttura dove il paziente possa essere curato senza la presenza del personale di polizia penitenziaria;”.
SUCCESSIVAMENTE DALLE FORTI PRESSIONI DELL’AMMINISTRAZIONE DELLA CASA CIRCONDARIALE DI REGGIO CALABRIA, DOVE SOSTIENE DI NON POTER MANTENERE IL PIANTONE PER MOTIVI DI SCARSO PERSONALE.
ALLORA L’AMMINISTRAZIONE CHIEDE AL DAP DI TROVARE LORO UNA STRUTTURA DOVE IL PAZIENTE POTEVA ESSERE TRASFERITO SENZA LA PRESENZA DEL PIANTONE. PREMETTO LE 5 PERIZIE FATTE, MIO FRATELLO DOVEVA ESSERE TRASFERITO IN UNA STRUTTURA ESTERNA ALLE MURA CARCERARIE .
- SUCCESSIVAMENTE UNA MATTINA MIO FRATELLO, VIENE PRELEVATO DALLA STRUTTURA E TRASPORTATO CON L’AEREO (LUI NON POTEVA ESSERE TRASFERITO CON L’AEREO PER LA SUA PATOLOGIA),E TRASFERITO NELLA CASA CIRCONDARIALE DI TORINO “REPARTO PSICHIATRIA”, RIPETO TUTTO CIO’ NON POTEVA AVVENIRE PERCHE’ LUI NON POTEVA ESSERE RIPORTATO ALL’INTERNO DELLA STRUTTURA CARCERARIA.
OGGI, MIO FRATELLO SI TROVA SOTTO OSSERVAZIONE CHIUSO IN UNOA STAZA, COMPOSTA DA UN LETTO E UNA SEDIA INCASTRATA NEL PAVIMENTO COME SE FOSSE UN PAZZO.glI SONO STATE TOLTE LE SCARPE, ECCC. GLI E’ STATA PRESCRITTA UNA NUOVA TERAPIA SENZA ATTENERSI ALLA CURA CHE STAVA FACENDO.
ANDANDO A VISITA DA MIO FRATELLO, MI SONO ACCORTA CHE QUALCOSA NON ANDAVA, INFATTI, MIO FRATELLO ERA CAMBIATO IN PEGGIO, TREMAVA, NON RIUSCIVA PARLARE, PIANGEVA DICEDO CHE LO STANNO TRATTANDO COME SE FOSSE UN PAZZO,
I SUI OCCHI ERANO GIALLI, DISSE CHE LA SUA TERAPIA E’ MOLTO FORTE.
VI PREGO AIUTATEMI PERCHE’ VEDO MIO FRATELLOCHE SI SPEGNE OGNI GIORNO DI PIU’,
UN RAGAZZO DI 34 ANNI CON TRE BAMBINI CHE PRIMA DI ESSRE ARRESTATO SVOLGEVA LA SUA VITA TRA LAVORO E FAMIGLIA, ORA SENTO LE SUE PAROLE , CHE STATA MORENDO A POCO A POCO, SONO DISTRUTTA, VI PREGO AIUTATEMI
VI PORTO TUTTA LA DOCUMENTAZIONE CHE ATTESTA ANCHE DI PIU’ DI QUELLO CHE VI HO RACCONTATO.
NON FATE MORIRE MIO FRATELLO ABBIAMO BISOGNO DEL VOSTRO AIUTO .
VI CHIEDO SOLO CHE VENGONO RISPETTATI COME CITA ANCHE LA COSTITUZIONE I DIRITTI DEI DETENUTI MALATI.
1.3.11
buonsera Onorevole,
mi sono decisa a rivolgermi a Lei per un consiglio e spero un aiuto.
Il mio compagno è detenuto nel carcere di Lucca, appellante ma è là oramai da 14 mesi.
E' tossicodipendente e bipolare di tipo 1 di notevole gravità.
Il SERT ha rifiutato di prenderlo in carico perchè la tossicodipendenza non risulta dalle analisi (fatte dopo 7 mesi di detenzione quella del capello , e sparita quella delle urine)
Mi sono rivolta alla ASL..il prof.M mi ha dirottata dal Dott.P perchè è lui a occuparsi di detenuti, e mi sono sentita dire che "là stanno tutti male, sono tutti bipolari e lo fanno solo per uscire"..dopodichè mi ha promesso una visita che non ha più effettuato
Mi sono rivolta quindi al suo psichiatra che dopo 3 MESI per avere il permesso è andato a visitarlo e ha fatto una lunga relazione in cui afferma di quanto la detenzione aggravi la su malattia e lo renda a forte richio di autolesionismo e suicidio.
Lo psicologo del carcere con il quale ho parlato anche ieri mi ha confermato che la situazione è ogni giorno più critica e mi consigliati di rivolgermi anche "più in alto" perchè questi signori continuano a rimbalzarmi di qua e di là senza fare nulla
Lui non deve e non può più stare là, iperattivo e bipolare, in 7 mq in 3 persone...ma in una comunità dove lo possano curare.
ma tutti giocano a palla, nessuno lo prende in carico e io giro di qua e di là a raccogliere parole...non esiste un diritto alla cura? o devo aspettare di leggerlo su facebook come ennesima vittima del menefreghismo burocratico e del sistema penitenziario ?
La prego di aiutarmi, non so più che fare
27.1.11
Ho appena visitato il vostro sito, ho letto l'articolo su mio padre, suicidato o almeno così si è detto, M. P. S. di sicuro le notizie le avrete apprese non dalle mie e-mail ma da qualche altro mezzo di informazione.....Io avevo chiesto aiuto tempo fa, a settembre più o meno, credevo di fare in tempo, credevo che sarei riuscita ad aiutarlo ,ma purtroppo il destino mi ha preceduto...adesso non c'è più! Nessuno l'ha creduto, nessuno mai ha dato importanza alle varie richieste di trasferimento in cliniche o centri specifici per il suo malessere fisico-psicologico. Era incompatibile al regime carcerario, ma soprattutto sapevo che non avrebbe retto al regime del 41bis che ha provocato la sua morte.
Ho tanto dolore, tanta rabbia, non so a chi rivolgermi, di chi è stata la mancanza, il disinteresse per la situazione di mio padre?Ddi chi è la responsabilità? E se era sottoposto a questa massima sicurezza, non doveva essere sorvegliato 24 su 24???Nessuno si è accorto di nulla? Vorrei avere risposte alle mie domande, ma so che nulla allevierà il mio immenso dolore. Io ora sono sola e non so a chi rivolgermi, ma mio padre è morto, qualcuno dovrà pur prendersi le responsabilità, lo so, non ritornerà indietro, ma sono sicura che anche lui pretendeva giustizia. Sono sicura che mio padre non è l'unico caso del genere, ma perchè questi giudici, magistrati, ministri, non ascoltano, non danno spazio a questi poveri detenuti che si ritrovano da un momento all'altro senza vita, famiglia, lavoro, in quattro mura e un'ora al mese di sfogo con qualche familiare di turno? Vorrei tanto che qualcuno li ascolti, ascolti il mio dolore per non provocarne altro a altre persone che meritano di godersi il proprio padre, figlio o marito, anche in carcere per pagare i propri errori, ma da vivi! Ogni uomo ha diritto alla propria vita!
M.R.
28.1.11
Oggetto: segnalazione abusi alla Casa Circondariale di Genova (Marassi)
Vorrei porgere all’attenzione la realtà che vivono i detenuti in carcere a Marassi, ultimamente si è sentito che ci sono state molte visite nelle varie nelle carceri italiane, ma realtà non è quella che fanno vedere quando un on. entra per come visitatore.
Non voglio parlare di sovraffollamento, perché si parla solo di questo, ma non degli ABUSI di POTERE da parte della Polizia Penitenziaria.
Si parla delle mancanze organizzative da parte di chi comanda l’istituto e il rispetto verso i familiari, che vanno a trovare i propri congiunti, partendo da chi sa dove, per usufruire di un ora di colloquio.
-Il servizio sanitario e inesistente per i detenuti, ma no per gli agenti con le infermiere, i detenuti possono morire, come lo è stato per il Sig. M G.
Non so se il TG regionale ne abbia parlato e se hanno aperto un’inchiesta sulle responsabilità della sua morte :
Dott.ssa Z
Dott. Pe il suo collega
-ASL competente
-L’impresa “ L “ fornitrice beni alimentari in tutta la Liguria.
-Gli agenti che fanno esplodere petardi nelle sezioni e nelle celle, ditemi se tutto ciò e umano verso una persona che sta espiando una pena detentiva.
-Il medico che fa contenzionare i detenuti nei letti a sua scelta.
Questa non è una Casa Circondariale è un LAGER.
È doveroso che le Autorità competenti facciano un sopralluogo non annunciato per poter vedere con i propri occhi la realtà che vivono i detenuti.
Ho messo per conoscenza l’on. Emma Bonino, perché la conobbi nel 1994 nella casa circondariale di Novara ( Tangentopoli ).
In attesa di un Vs cortese riscontro, colgo l’occasione per inviarvi i più Cordiali Saluti
D C L
21.1.11
Lumezzane 21/01/2011
Io sottoscritta B E dichiaro quanto segue
Il giorno 21/01/2011 venivo a conoscenza del fatto che mio padre, detenuto presso la casa circondariale di Brescia, era stato trasferito presso il carcere di S.Vittore a Milano e
mi recavo immediatamente presso l’istituto penitenziario per incontrarlo sapendolo gravemente malato.
Durante il colloquio ho riscontrato quanto segue:
mio padre si trascinava verso la stanza colloqui con evidenti difficoltà di
deambulazione, una volta seduto in preda alla disperazione che non gli consentiva di esprimersi a parole,
mi riferiva tra le lacrime, di essere caduto dal 3° piano del letto a castello nel quale, il giorno precedente, lo
avevano collocato (luogo poco consono ad un anziano in cattive condizioni di salute).
L’impatto con il suolo gli ha causato varie tumefazioni agli arti, al capo, al bacino e alla schiena.
Lamentava forti dolori diffusi soprattutto alla schiena e al bacino che non gli consentivano di stare in
posizione eretta ma solo sdraiato a letto.
Mentre si trovava a terra si è rivolto agli operatori i quali non hanno prestato alcun soccorso.
Alle sue richieste di aiuto rispondevano definendolo un usuraio che non si sarebbe dovuto lamentare e
ridevano tra loro compiaciuti dell’accaduto.
Gli riferivano inoltre di “arrangiarsi” così mio padre ha dovuto provvedere
autonomamente, con l’ausilio di fazzoletti di sua proprietà che mi ha mostrato ancora macchiati di sangue,
a tamponare le ferite (soprattutto il gomito sinistro che presentava una profonda escoriazione e un
ematoma).
Non è stato medicato e, nonostante le sue richieste d’aiuto, è stato ignorato e preso in giro con battute e
derisioni .
Dopo la caduta gli è stato chiesto di firmare una dichiarazione nella quale affermava che le lesioni erano
causa di una caduta ma non gli è stato permesso di aggiungere che in tale circostanza non è stato preso in
considerazione e medicato.
Dal 20/01/2011 mio padre si trova in un reparto di pericolosità sociale molto
alta, privo di assistenza psichiatrica, adibito a contenitore per detenuti aggressivi e tossicodipendenti.
Infatti nella cella convivono con mio padre due criminali giudicati estremamente
pericolosi dalla struttura e in cura intensiva con il metadone.
Alle richieste mosse da mio padre di essere trasferito in altro carcere poiché
questo non è dotato di reparto psichiatrico ed in ragione del fatto che il reparto in cui è stato messo non
risponde ad alcuna delle esigenze terapeutiche illustrate nel provvedimento del giudice gli è stato risposto
che doveva tacere ed accettare di stare ovunque visto ciò che aveva fatto. Dal giorno 20/01/2011 i medici hanno volontariamente sospeso la somministrazione obbligatoria (vedi
certificato del Dott. F responsabile del carcere di Canton Mombello) degli psicofarmaci che sono
necessari per tutelare la sua salute psichica.
Alle sue richieste che gli venissero somministrati, non è stata fornita nemmeno una risposta.
La psicologa con la quale ha parlato gli ha sarcasticamente domandato se avesse avuto intenzione di dire
che si voleva ammazzare per cercare di essere spostato da lì.
Mio padre le rispondeva che il reparto in cui lo avevano rinchiuso non
rispondeva alle richieste dell’ordinanza nonché alle esigenze di cura avanzate dagli psichiatri (Dott. F
perito del Tribunale e Dott. F responsabile del carcere di Brescia) e lei ha risposto che non sapeva cosa
farci, che cosa pretendesse e che si doveva rassegnare visto che era appena arrivato.
All’ingresso è stato completamente privato di indumenti e oggetti personali (normalmente consentiti a
Canton Mombello), ha chiesto dell’acqua e gli è stato risposto di bere quella del rubinetto.
Le guardie lo chiamano “l’usuraio” e si prendono gioco della sua condizione di disperazione affermando che
è giusto trattarlo così.
Ha perso 7 Kg, pesa 65 Kg per 1.78 di altezza, è evidentemente provato e debilitato (non si nutre da due
giorni e gli viene privata anche l’acqua).
La cella consta di 3 brandine (senza cuscini né coperte) e nient’altro (no tavolo, no sedie).
L’unico luogo in cui può trattenersi 24 ore su 24 è la brandina.
Non c’è possibilità di comunicazione poiché i due compagni sono in stato di incoscienza causata dal
farmaco che gli viene somministrato (metadone).
Quando ha riferito di stare molto male fisicamente per la caduta e psicologicamente per la condizione della
cella gli operatori gli hanno risposto che, qualora fosse morto, avrebbero avvisato i familiari ignorando le
sue sofferenze e prendendosi, ancora una volta, gioco di lui deridendolo.
Di fronte al suo pianto sconsolato le guardie si divertono e non perdono occasione per ricordargli che è un
usuraio e che merita di stare male.
Al momento dell’immatricolazione gli operatori gli hanno imputato capi d’accusa diversi da quelli
confermati.
Mio padre ha precisato che c’era un errore nella trascrizione e loro gli hanno
risposto di stare zitto perché avrebbero scritto anche quelli che non gli venivano contestati.
Il medico a cui più volte ha tentato di rivolgersi perché provvedesse a fornirgli le cure indispensabili lo ha
costantemente ignorato e a nulla servono le sue disperate richieste di intervento per ottenere l’assistenza
sanitaria che, anche la perizia del Dott. F, giudica necessaria.
All’arrivo in carcere gli è stato fatto percorrere tutto l’istituto , con in mano due pesanti bagagli, per cinque
ore alla ricerca di una sistemazione.
Nonostante riferisse di essere esausto e affaticato dal notevole peso che trasportava, non gli è stato
concesso di fermarsi. Alla fine è stato sistemato in un reparto che nulla ha a che vedere con quello che era stato richiesto per lui
nell’istanza depositata dagli avvocati e accolta dal g.u.p.
Alla richiesta di mio padre di essere spostato in un reparto adeguato ai suoi
problemi di salute; è stato risposto che si doveva accontentare, che quello era l’unico posto libero e che
quindi lì veniva collocato anche se non era quello che rispondeva ai suoi problemi che consistono in una
grave forma di depressione maggiore.
Appena uscita dal carcere di S.Vittore, molto preoccupata dalle gravi condizioni psicofisiche di mio padre,
ho contattato il Dott. Giuseppe F, lo psichiatra che lo seguiva in carcere, il
quale mi ha riferito che l’interruzione immotivata della terapia da lui prescritta comporta grave rischio per
la sua incolumità personale anche mediante atti autolesionistici.
Il Dott. F riferiva inoltre, anche attraverso una relazione depositata nel carcere di Canton Mombello
nei giorni scorsi, che non riteneva opportuno che mio padre venisse trasferito in altra
struttura poiché le sue condizioni psicologiche avrebbero risentito negativamente di uno spostamento in un
altro carcere.
E si assumeva personalmente la responsabilità di continuare a seguirlo presso il carcere di Brescia nel quale
le sue condizioni psichiatriche risultavano stazionarie grazie alla cura da lui prescritta e alla rassegnazione
alla condizione nella cella a lui assegnata.
Il Dott. F inoltre riteneva indispensabile per mio padre mantenere i rapporti con la
famiglia la quale veniva valutata una risorsa indispensabile per la sua guarigione
In fede,
E.B.
http://www.detenutoignoto.com/2012/02/le-vostre-lettere.html
1 Febbraio, 2012 - 17:26
Fonte: http://www.detenutoignoto.com/2012/02/le-vostre-lettere.html [4]