a cura di Marco Scialdone, responsabile legale di Agorà Digitale
Fin dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.lgs 70/2003, che ha recepito la direttiva 2000/31/CE, vivace è stato il dibattito sull’esatta portata del primo comma dell’articolo 16, concernente la responsabilità del c.d. hosting provider.
Come noto, la norma in commento recita: “1. Nella prestazione di un servizio della società dell’informazione consistente nella memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del servizio, il prestatore non è responsabile delle informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che detto prestatore: a) non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l’attività o l’informazione è illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che rendono manifesta l’illiceità dell’attività o dell’informazione; b) non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità competenti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l’accesso. 2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano se il destinatario del servizio agisce sotto l’autorità o il controllo del prestatore”.
In particolare ci si è chiesti se le due lettere a) e b) della norma sopra citata prevedessero due fattispecie autonome e alternative fra loro, oppure ipotesi complesse di un’unica fattispecie, dovendo, dunque, sussistere contemporaneamente (conoscenza del fatto illecito e comunicazione delle autorità competenti) affinché il provider dovesse provvedere alla rimozione delle informazioni contestate o alla disabilitazione del loro accesso.
Invero, già in fase di adozione del provvedimento in esame, il parere espresso dalla Commissione X della Camera dei Deputati – Attività Produttive – Atto n. 172, sembrava propenso alla prima delle due ricostruizioni: “…in relazione a quanto previsto dall’articolo 16, lett. b) – secondo cui il prestatore di un servizio non è responsabile qualora, non appena a conoscenza dell’illiceità di un’attività o di un’informazione, su comunicazione delle autorità competenti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l’accesso – al fine di evitare che sia vanificata qualsiasi azione efficace ed immediata tesa alla rimozione dalla rete di materiale illecito appare opportuno precisare che la comunicazione dell’autorità non costituisce condizione necessaria per la rimozione delle informazioni o per la disabilitazione dell’accesso”.
Questa, peraltro, è stata l’interpretazione fornita in maniera pressocché unanime dalla più autorevole giurisprudenza di merito degli ultimi anni: si consideri, ad esempio, Tribunale di Milano, R.T.I. c. Yahoo s.r.l., sentenza n.10893/2011, “l’informazione sulla presenza di diritti di terzi determina l’insorgenza di obblighi per il prestatore dei servizi, ancor prima della ricezione da parte dell’autorità giudiziaria od amministrativa dell’ordine di rimozione del contenuto illecito” (in senso conforme cfr. Tribunale di Milano, R.T.I. c. Italia On Line, sentenza n. 7680/2011)
Tale orientamento giurisprudenziale ha il suo fondamento in quell’orientamento dottrinario che all’indomani dell’adozione del decreto legislativo di cui si discute, aveva sottolineato che “Sulla questione, non nutriamo perplessità nel ritenere che le due lettere a) e b) prevedano altrettante fattispecie fra loro alternative e, se, infatti, le due lettere fossero da ritenersi elementi di un’unica fattispecie complessa, la lettera b) di fatto, renderebbe inutiliter data la lettera a)… (omissis) … In vero, sostenere che vi è un’effettiva conoscenza ed una manifesta illiceità, soltanto nell’ipotesi in cui vi è anche una comunicazione ufficiale, equivale ad affermare che deve esserci sempre in ogni caso la detta comunicazione. Ciò significa – in ultima battuta – avvalorare un’interpretazione abrogante della lettera a) art. 16, per effetto della successiva lettera b). Ebbene, ciò, oltre ad essere metodologicamente errato, è comunque positivamente inammissibile, se sol si consideri quanto statuito dall’articolo 12 Preleggi” (G. Cassano, Diritto dell’Internet, il sistema di tutele della persona, Milano 2005, pag. 356-357)
L’emendamento proposto, in un’ottica di garanzia per l’intermediario e nello spirito originario che aveva animato il nostro legislatore al momento dell’adozione del decreto legislativo 70/2003, è finalizzato a ripristinare certezza in merito all’interpretazione del primo comma dell’articolo 16, specificando che le lettere a) e d) costituiscono ipotesi complesse di un’unica fattispecie, dovendo, dunque, sussistere contemporaneamente (conoscenza del fatto illecito e comunicazione delle autorità competenti) perché il provider provveda alla rimozione delle informazioni contestate o alla disabilitazione del loro accesso, impedendo così ogni forma di “giustizia privata”.