di Guido Donatone (presidente di Italia Nostra sezione di Napoli) da “La Repubblica Napoli”, 20-11-2011
L´ambientalismo napoletano ha avuto un ruolo propositivo e determinante nel percorso che ha portato all´approvazione nel 1996, da parte del Comune di Napoli, della variante urbanistica dell´area occidentale. Essa prevedeva la realizzazione a Bagnoli, nell´area dismessa dall´Italsider, del parco di verde urbano di 120 ettari (in una città che registra il più basso rapporto d´Europa del verde pubblico per abitante); e il recupero dell´unica spiaggia pubblica esistente in una città di mare oggi priva della spiaggia.
Infine la ricostituzione della morfologia naturale della linea di costa (come previsto dalla legge 582 del 1996, che disponeva la rimozione della colmata a mare per l´immediato inizio delle operazioni di bonifica dell´arenile e dell´area marina, nonché il ripristino della morfologia naturale della linea di costa). Inoltre nel 1999 il ministero dei Beni culturali ha emanato un decreto di vincolo paesaggistico per la tutela dell´area di Bagnoli. Tutto ciò imponeva l´adozione della corretta metodologia di far precedere agli interventi di bonifica dell´area la rimozione della colmata tossica da parte della società Bagnoli-futura, che ha invece eseguito i lavori di bonifica senza aver prima rimosso la colmata a mare. Rimozione che competeva al demanio pubblico, ma su cui la stessa amministrazione comunale di Napoli e la Regione Campania non hanno mai concretamente puntato quando i relativi fondi erano disponibili (mentre oggi mancano).
Che la gestione della trasformazione di Bagnoli sia controversa è cosa nota. L´eredità che le passate gestioni hanno lasciato all´attuale amministrazione è pesante. L´attuazione del Piano di Bagnoli è costellata da una serie di grovigli giuridici, urbanistici, ambientali, economici, finanziari e gestionali che si sono incancreniti. Uno di questi grovigli è rappresentato dall´ambito tematico 4, che la società Bagnoli-futura ha venduto a un consorzio di enti pubblici. Su quest´area il piano esecutivo ha previsto nuova edificazione nonostante vi insistesse un fitto bosco di pini pressoché coevo agli edifici di via Cocchia. Nel marzo 2010 la società Bagnoli-futura iniziò motu proprio l´abbattimento di tale pineta. Quando erano già stati abbattuti ben 250 pini, l´operazione fu bloccata dal corpo forestale dello Stato perché mancava l´autorizzazione della Soprintendenza, necessaria per ogni intervento su aree boschive. Il corpo forestale sequestrò l´area e denunciò l´accaduto alla Procura. È inoltre in corso anche un giudizio amministrativo davanti al Tar, che ha per oggetto proprio il vincolo paesistico. Tale situazione si può a buon diritto definire un groviglio giuridico e un controsenso ambientale e urbanistico (se Bagnoli ha già alcuni ettari di pineta, infatti, non si capisce perché il Pua abbia reso edificabile quest´area, quando il piano prevede 120 ettari di parco: sarebbe stato più logico, oltre che più economico e semplice, inglobare quest´area già alberata, a costo zero, nel parco, e spostare le edificazioni in altre aree).
Ma non è finita qui. Pochi giorni fa il Dipartimento Ambientale del Comune di Napoli ha rilasciato l´autorizzazione paesistica per la costruzione in quest´area di una torre di oltre 60 metri, nonché di ben 8 edifici di tre piani e di uno di forma ovale, che non solo si inserirebbero al centro di questa pineta (in un´area non coperta da vegetazione), ma per la cui realizzazione altri alberi della pineta dovranno essere abbattuti (8) e altri spostati (16). Inoltre, nel merito del progetto, l´intervento architettonico appare del tutto scollegato dal contesto urbano preesistente (gli edifici di nuova costruzione sorgeranno in diagonale sia rispetto a via Cocchia che a via Diocleziano), presentando anche un imponente impatto ambientale e paesistico: la torre di 60 metri taglierebbe tutto il paesaggio sia per chi vede Bagnoli da mare, sia per chi si affaccia dalla collina di Posillipo. Italia Nostra chiede pertanto alla Soprintendenza ai Beni architettonici di annullare questa autorizzazione. Alla giunta comunale spetta poi di rimediare, con il coraggio e le capacità che il sindaco de Magistris ha dimostrato di avere, a questo errore, frutto di una pesantissima eredità.
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