Il copione politico messo in scena dalla maggioranza di governo durante il primo e secondo atto della recente crisi finanziaria, su scala globale, dell’attuale sistema capitalistico può essere così evidenziato: nel giro di qualche mese siamo passati dall’idea che la crisi finanziaria non avrebbe intaccato più di tanto la solidità economica del paese all’idea che durante la stessa l’intervento del governo era in effetti bastato a garantire la stabilità dell’intero sistema economico; e ancora, nel giro stavolta di poche settimane, dall’idea che l’attacco della “speculazione internazionale” (!?) avrebbe colpito i paesi deboli dell’area euro (PIGS) con esclusione dell’Italia all’idea che contro la stessa speculazione sarebbe bastato approvare una manovra di bilancio con gli effetti spostati all’indomani delle elezioni politiche del 2013. Ma, è stato a questo punto che, ad evitare la nostra tragedia, l’intervento della UE è servito a smascherare la farsa della recitazione, nella quale ciascuno ha svolto (e purtroppo sembra voglia continuare a svolgere) la propria parte.
La manovra con decreto legge, approvata e firmata per misure d’importo stimate pari a 45,5 miliardi, ha l’obiettivo di garantire il pareggio nel 2013 dall’attuale deficit di bilancio (4% circa del PIL). Si tratta quindi di una manovra necessariamente di emergenza causata innanzitutto dal continuo e costante accrescimento del peso del nostro debito pubblico (120% circa del PIL).
Tanto premesso, il direttore Macaluso sulle colonne de Il Riformista ancora una volta ha efficacemente rappresentato la situazione in atto già da qualche tempo, sostenendo che “l’Italia (rappresenta l’immagine di un paese) senza domani”. Quel domani che in un sistema capitalistico è costruito dalla crescita e misurato dall’indice appunto di crescita (o incremento) del PIL. E pertanto sembrerebbe a dir poco scontato che, se il sistema economico-finanziario del paese mostra in effetti evidenti segnali di cedimento, occorrerebbe pensare piuttosto non solo a misure di emergenza ma anche e nell’immediato a misure di garanzia e sviluppo a favore soprattutto delle generazioni che seguiranno.
Ad una prima lettura, l’ultimo decreto di manovra non contiene viceversa alcuna misura sostanziale che possa operare nella direzione ora auspicata. In aggiunta, la manovra oltre che scontare il no secco dell’opposizione, pur se in forme e toni diversi, è chiaramente frutto di un diffuso e ancora confuso compromesso realizzato tra le forze di governo, e quindi non risponde ad un disegno unitario: chissà cosa ne penseranno ancora i mercati!
Di confuso, c’è l’anticipo sulla delega in materia di assistenza, ma ancora di più l’annunciato programma di privatizzazioni e in particolare liberalizzazioni delle società municipalizzate (circa 5 milioni) e l’ancor più annunciato programma di riduzione degli incarichi di rappresentanza politica nazionale e di governo delle amministrazioni locali, tra province e comuni a basso o pressocchè zero impatto di spesa. In ambito di settore, la controproposta del Pd, quanto a confusione, non sembra essere affatto da meno: “dimezzamento del numero dei parlamentari” a seguito di immediata discussione (!?) parlamentare, “snellimento degli organi di regioni province e comuni, dimezzamento o più delle province (brusco ravvedimento!), dimezzamento delle società pubbliche, centralizzazione (!?) e controllo stretto per l’acquisto di beni e servizi nella pubblica amministrazione”. Il tutto, realizzato secondo il dichiarato principio di essere “contro la privatizzazione forzata, ma non contro le gare e le liberalizzazioni dei servizi pubblici locali”; tradotto, significa continuare esattamente così come fatto finora, acquisendo e mantenendo il potere locale attraverso il sistema delle municipalizzate: tanto per fare un esempio, solo nella media città di Salerno (150.000 abitanti ca.), di municipalizzate se ne contano all’incirca diciassette e tutte in maggiore o minore disavanzo di spesa!
Di certo, in manovra c’è un contributo di solidarietà che colpisce da subito e per il prossimo triennio i redditi superiori a 90.000 euro, tranne che per i lavoratori autonomi. Nella controproposta del Pd c’è viceversa “un prelievo straordinario una tantum sull’ammontare dei capitali esportati illegalmente e scudati” e tant’è “in modo da perequare il prelievo su questi cespiti alla armonizzazione della tassazione sulle rendite finanziarie al 20 per cento”. Eppure, proprio in pochi hanno avuto a che dire sull’adozione di questa misura, da tempo in discussione già a livello europeo, e finalmente prevista da noi al fine principale di spostare la misura complessiva della tassazione dal reddito di lavoro al reddito di capitale. E invece, per quanto concerne questo argomento, nulla di tutto questo è presente nella proposta del Pd; niente neanche a proposito della scelta del governo di introdurre la retroattività dei nuovi contratti aziendali che possono derogare alla disciplina dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori in tema di riorganizzazione e licenziamenti. Piuttosto, soltanto un generico richiamo all’“intervento sul Tfr dei dipendenti pubblici (che) non porta efficienza, ma rappresenta un peso sui ceti medi e bassi”; e, invece, per i lavoratori precari soprattutto giovani costituisce in misura ben più grave una sottrazione del maggiore onere di ammortizzazione sociale.
Rispetto alla proposta del Pd meriterebbe invece di essere incoraggiata la petizione di principio relativa a “un piano quinquennale di dismissioni di immobili pubblici in partenariato con gli enti locali (obiettivo minimo 25 miliardi di euro)”. In proposito, nulla è detto nella proposta del governo.
Per entrambe le parti, rimane l’indicazione di principio di combattere l’evasione, ma sembra in effetti poca cosa farlo attraverso il sistema della tracciabilità dei pagamenti, previsti, rispettivamente, superiori a 1.000 o 2.500 euro. A tal fine, sarebbe piuttosto auspicabile un maggiore coordinamento di forze e controllo sul territorio.
Infine, tralasciando l’impatto minimo di spesa di altre misure secondarie, il capitolo sulle pensioni. Niente è detto in proposito dal Pd, quasi nulla per imposizione della Lega dal governo. Eppure, in funzione del mantenimento del patto generazionale e a fronte di maggiori risparmi da investire per i giovani, sarebbe stato opportuno prevedere per tutti i lavoratori: l’immediata introduzione del sistema di calcolo della pensione di tipo contributivo e “pro rata”, l’innalzamento flessibile dell’età di pensionamento per anzianità, misure di implementazione e sostegno al sistema di previdenza complementare. Si tratta di misure, quest’ultime, attese da più di quindici anni!
Angelo Giubileo
(tratto da http://www.pensalibero.it/Dettaglio.asp?IDNotizia=6785)
Fonte: http://www.radicalisalerno.it/2011/08/16/misure-per-un-paese-ancora-senza-domani/ [3]