
di Cinzia Gubbini
Il Manifesto, 16 novembre 2011
Cristian De Cupis aveva 36 anni. Arrestato dalla Polfer alla stazione Termini, portato in ospedale è morto dopo quattro giorni di ricovero. Secondo l'autopsia non ci sono lesioni mortali. I medici: "Aveva una crisi depressiva. Poi è morto nel sonno". Ma sul suo corpo ci sono escoriazioni.
Si svolgeranno domani i funerali di Cristian De Cupis, il ragazzo romano di 36 anni morto il 12 novembre all'ospedale Belcolle di Viterbo, nel reparto riservato ai detenuti. Cristian, originario del quartiere Garbatella di Roma dove in molti lo ricordano come un frequentatore, anche se non assiduo, del centro sociale La Strada, era stato fermato mercoledì 9, intorno alle 8 di mattina, da alcuni agenti della Polfer, la polizia ferroviaria, e tratto in arresto. Le accuse, anche se nessuno ha ancora letto i verbali, sarebbero di resistenza e pubblico ufficiale.
Ma il motivo per cui gli agenti hanno fermato Cristian sarebbero da ricondurre a un'aggressione avvenuta di mattina presto alla stazione. Alle 4,30 di mercoledì, sotto al tunnel che collega via Marsala a via Giolitti, qualcuno ha aggredito ferocemente, e senza alcun apparente motivo (nessun furto) un dipendente di un bar della stazione che si recava al lavoro. L'uomo è ancora ricoverato, con una prognosi di trenta giorni.
L'aggressore gli ha spaccato la faccia. E la Polfer era sulle sue tracce. Tre ore dopo fermano Cristian De Cupis per un controllo, pensando che si tratti dell'aggressore. Lui reagisce malissimo. Si agita, si dimena. Un testimone direbbe di aver visto "atti di autolesionismo". Un altro arriva quando Cristian è già a terra e lo sente inveire contro un poliziotto: "Sei sempre tu, ce l'hai con me".
Cosa ci facesse di primo mattino Cristian alla stazione Termini non è chiaro. Non aveva ancora lavoro, era uscito da poco tempo dalla comunità di San Patrignano, dopo anni passati nel tunnel della droga (aveva anche precedenti) e da cui però aveva deciso di uscire.
Il percorso di disintossicazione era andato bene. Sicuramente, come anche nel caso di Stefano Cucchi che in molti hanno rievocato in queste ore, Cristian non doveva essere un ragazzo facile. Era "terrorizzato dai poliziotti", racconta il fratello Claudio, "tanto che recentemente quando aveva dovuto rinnovare un documento, si era fatto accompagnare".
Dalla stazione Termini, Cristian viene portato all'ospedale Santo Spirito. Dunque la polizia si preoccupa della sua salute. Ma perché viene portato in ospedale? In ambienti sanitari si dice che "era in crisi depressiva, piangeva, non sapeva come uscire dalla sua situazione". Per questo gli era stato somministrato del metadone, ma tutti gli esami erano risultati a posto. Il dottore che lo visita, comunque, sporge denuncia, riscontrando escoriazioni sul suo corpo.
E anche Cristian avrebbe denunciato di essere stato picchiato. Il giorno, intorno alle 23, dopo viene trasferito a Viterbo, dove era già stato ricoverato in precedenza. I primario, Giulio Starnini, lo ricorda come "un ragazzo tranquillo". Anche ai medici di Viterbo aveva detto di "essere stato picchiato", ma stava bene ed è "morto nel sonno" dopo una doccia.
La zia e il fratello vengono avvertiti solo per comunicare la morte. Quando vedono il corpo notano lividi e graffi e si recano in Procura. Dove scopre che un fascicolo aperto c'era già, sulla denuncia del medico. L'autopsia è stata eseguita senza che la famiglia abbia avuto il tempo di nominare un perito di parte. Dalle prime anticipazioni si dice che non vi erano lesioni interne mortali. Arriveranno la prossima settimana, invece, i referti tossicologici e già si parla della sieropositività di Cristian. In ogni caso aveva da poco fatto un check up, da cui era risultato sano.
Dunque, come si muore in quattro giorni a 36 anni dopo un incontro "agitato" con la polizia? Dopo il ricovero al Santo Spirito le sue condizioni devono essere apparse tali da consigliare un ricovero e non il carcere. Perché? Il sentore Ignazio Marino, capo della Commissione di inchiesta sul Servizio sanitario nazionale, ha avviato un'inchiesta. Il garante dei detenuti Angiolo Marroni ha interessato il Viminale.
L'ho visto gridare contro un poliziotto
Preferisce che il suo nome non sia reso pubblico, ma è stato lui a farsi vivo per raccontare quello che ha visto, e sentito, la mattina del 9 novembre alla stazione Termini: il fermo di Cristian De Cupis: "Era molto agitato, ma quello che più mi ha colpito è che continuava a gridare contro un poliziotto in particolare".
Che vuol dire che Cristian era molto agitato?
Voglio dire che era molto fisico, urlava, si dimenava, era molto reattivo. Da questo punto di vista mi sembrava in ottima forma.
Lei perché si è avvicinato?
Stavo prendendo il treno per Milano che parte alle 8, quindi saranno state le 7,30. Ero al mio binario, che si trova più o meno al centro della stazione. Poco più indietro ho sentito un gran trambusto. Ma c'erano almeno trenta persone. I testimoni sono sicuramente tanti.
Cosa ha visto?
Un ragazzo a terra, di fianco, sopra di lui c'erano diversi poliziotti, lo stavano ammanettando. Lui si dimenava molto e gridava.
Cosa diceva?
Diceva: "Avete visto tutti quello che mi hanno fatto". E poi, una cosa che mi ha colpito molto, perché si riferiva in particolare a uno degli agenti: "Sto bastardo - diceva - è sempre lui... una volta che ti becco senza divisa... te devo beccà fuori... sei sempre tu". Ripeto, era molto agitato. Però mi colpiva che si riferisse a un poliziotto come se già si conoscessero, come se fosse già accaduto qualcosa.
Ma lei ha capito chi poteva essere?
No ovviamente no. Ho solo visto allontanarsi uno dei poliziotti, staccarsi dal gruppo. Come se volesse nascondersi, almeno mi ha dato questa impressione. Era alto e con gli occhiali da vista.
Cristian aveva sangue, ferite, ha visto la polizia picchiarlo? Ed è sicuro che fosse proprio lui?
No, non aveva né sangue né ferite. Non ho visto gli agenti picchiarlo, so solo che lui diceva "Avete visto tutti quello che mi hanno fatto", ma io sono arrivato dopo, alla fine. Che sia lui ho pochi dubbi, ho visto le foto. La cosa l'ho seguita finché i poliziotti lo hanno caricato, praticamente di peso, e lo hanno messo su uno di quei veicoli che usano all'interno della stazione, quelli che hanno degli abitacoli trasparenti. Lui era talmente agitato che per dimenarsi ha fatto un salto e ha sbattuto la testa sul soffitto del veicolo.
Autopsia esclude lesioni mortali, ma aveva crisi depressiva (Ansa)
Nessuna lesione interna mortale sarebbe stata riscontrata dai periti che, su disposizione della procura della Repubblica di Viterbo, hanno eseguito l'autopsia sul cadavere di Cristian De Cupis, il detenuto romano di 36 anni, morto sabato scorso nel reparto di medicina protetta dell'ospedale Belcolle. I periti hanno riferito al Pm Stefano D'Arma, titolare dell'inchiesta, che, a parte alcune piccole escoriazioni sulla fronte, peraltro indicate anche nella cartella clinica, non sono stati trovati sul corpo altri segni di violenza. La loro conclusione è che il decesso sarebbe stato causato da un arresto cardiocircolatorio.
Il presidente della Commissione d'inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale, Ignazio Marino, ha però annunciato di aver avviato una istruttoria sulla morte di De Cupis, che ha denunciato di essere stato picchiato dagli agenti al momento dell'arresto. "Vogliamo accertare - ha detto Marino - di non trovarci di fronte a un nuovo caso Cucchi".
Gli ulteriori accertamenti in corso, tra i quali gli esami tossicologici, diranno se l'arresto cardiaco possa essere una concausa delle patologie, in primo luogo di origine infettiva, di cui soffriva De Cupis, e dell'uso di sostanze stupefacenti che hanno segnato per anni la sua esistenza. Anche le ecchimosi sulle sue spalle che il fratello ha riferito di aver visto, hanno una spiegazione medica: si tratta di macchie ipostatiche post mortem hanno detto i medici.
De Cupis fu arrestato alla stazione Termini di Roma il 9 novembre per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale. Prima di essere bloccato, secondo gli agenti, aveva colpito con un pugno un passante causandogli la frattura del setto nasale. A causa dello stato di agitazione psicofisica in cui versava, l'uomo venne accompagnato nel pronto soccorso dell'ospedale romano del Santo Spirito.
Durante la visita riferì ai medici di aver subito un violento pestaggio dai poliziotti che lo avevano arrestato e che, da allora, avvertiva dolori alla testa. Fu immediatamente sottoposto a una Tac e ad altri accertamenti radiografici che, secondo quanto si è appreso, hanno escluso la presenza di traumi.
Il giorno successivo, intorno alle 23, il detenuto fu trasferito a Viterbo, nel reparto di medicina protetta dell' ospedale cittadino. Durante la compilazione della cartella clinica riferì di nuovo di essere stato malmenato al momento dell'arresto. L'11 novembre fu sottoposto ad esami clinici e a un elettrocardiogramma. Le sue condizioni, compatibilmente con le patologie di cui soffriva, risultarono discrete.
Secondo i medici, era però preda di una crisi depressiva. "Piangeva e diceva di non vedere una via d'uscita dalla condizione in cui versava", hanno riferito. Gli fu poi somministrato del metadone a basso dosaggio e altri farmaci. Nel pomeriggio ricevette la notizia che gli erano stati concessi gli arresti domiciliari. "Si era rasserenato e calmato - raccontano gli operati del reparto, la sera si era fatto la doccia ed era andato a dormire". La mattina del 12 novembre, alle 5, gli infermieri lo hanno trovato morto nel suo letto. "Era ancora caldo", è scritto nel referto.
"Lo avrei tenuto un paio di giorni in osservazione e poi lo avrei dimesso - ha detto il primario del reparto, l'infettivologo Giulio Starnini - aveva tutti i valori sostanzialmente a posto e nulla avrebbe fatto presagire una morte così repentina". Nelle prossime ore il Pm dovrebbe autorizzare la restituzione della salma alla famiglia per la sepoltura.
Infine, il presidente della Commissione d'inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale, Ignazio Marino, ha annunciato di aver avviato una istruttoria sulla morte di De Cupis. "Vogliamo accertare - ha detto Marino - di non trovarci di fronte a un nuovo caso Cucchi".
Il Garante: autopsia senza consulente di parte, ma mi fido del magistrato che indaga
"È chiaro che è stato percosso dalla polizia alla stazione Termini. Su questo non ci sono dubbi. C'è anche un testimone, un avvocato, che mi ha telefonato e ha visto tutto". È quanto ha dichiarato oggi dal carcere di Rebibbia, Angiolo Marroni, garante dei detenuti del Lazio, a proposito della morte di Cristian De Cupis, il 37enne romano arrestato nella capitale e poi trasferito in un reparto sanitario nell'ospedale Belcolle collegato al carcere Mammagialla di Viterbo.
Dopo aver presentato il progetto di informatizzazione del carcere di Rebibbia accanto al direttore dell'istituto di reclusione Carmelo Cantone e del presidente del Tribunale di sorveglianza di Roma, consigliere Giovanni Tamburino, Marroni, parlando del caso De Cupis, ha detto: "Purtroppo l'autopsia è stata fatta senza il consulente di parte perché non è riuscito ad arrivare in tempo. Non si capisce come un ragazzo di 36 anni possa morire d'infarto. Mi fido comunque molto del magistrato che ha in mano la vicenda. Mi dicono che è un magistrato molto serio e molto severo". A proposito della situazione delle carceri nel Lazio, Marroni ha poi sottolineato: "Ci sono ancora carceri troppo affollate. Abbiamo 6.600 detenuti, la capienza è però intorno ai 4.200, 4.300 posti. Ovunque ci sono affollamenti - ha precisato ancora, spazi ristretti, ridotta anche la parte della socialità. Ovunque, inoltre, c'è anche una carenza di polizia penitenziaria che è assolutamente spaventosa. Per questo motivo ci sono assenze tra il personale e la polizia penitenziaria e anche qualche suicidio. Una situazione difficile - ha concluso Marroni - di cui non vedo lo sbocco".
Sappe: inaccettabile rappresentare penitenziari come luoghi di violenza
"Non possiamo accettare una tendenziosa e falsa rappresentazione del carcere come luogo in cui, quotidianamente e sistematicamente, avvengono violenze in danno dei detenuti, così come traspare dalle parole del politico comunista Giovanni Russo Spena". Protesta il segretario del Sappe, sindacato autonomo polizia penitenziaria, Donato Capece, dopo il commento dell'esponente di Rifondazione comunista sul caso De Cupis.
"Russo Spena sostiene che la tortura nei nostri istituti di pena è una realtà: o ha elementi concreti e si rivolge alla magistratura o eviti di dire stupidaggini - afferma Capece. Non accettiamo che le donne e gli uomini della polizia penitenziaria che lavorano ogni giorno, nelle oltre duecento strutture detentive del Paese, con professionalità, zelo e abnegazione, vengano rappresentati associando al loro lavoro i sinonimi inaccettabili di violenza, indifferenza e cinismo".
Per il segretario del Sappe, "non è questo il momento delle opinioni o dei giudizi; è il momento che la magistratura accerti con serenità, equilibrio e pieno rispetto dei valori costituzionali, le cause, le responsabilità e le verità sulla morte di Cristian De Cupis, morto nel reparto detentivo dell'ospedale Belcolle di Viterbo. La polizia penitenziaria - sottolinea Capece - è una istituzione sana, composta da uomini e donne che con alto senso del dovere, spirito di sacrificio e grande professionalità sono quotidianamente impegnati nella prima linea della difficile realtà carceraria".
Ugl: appurare responsabilità su morte De Cupis
"È doveroso attendere il risultato delle indagini affinché vengano appurate le responsabilità, ma è altrettanto opportuno chiedere che sia predisposto al più presto un protocollo d'intesa tra le Forze di Polizia, utile a stabilire le modalità di consegna degli arrestati presso le strutture di pena della Regione ed evitare che si possano così avanzare sospetti sull'operato degli agenti di Polizia Penitenziaria". Lo dichiara il segretario nazionale Ugl Polizia Penitenziaria, Giuseppe Moretti, in merito alla morte di Cristian De Cupis, avvenuta lo scorso 12 novembre presso la struttura ospedaliera Belcolle di Viterbo, le cui cause sono in corso di accertamento.
"Chiediamo perciò - conclude il sindacalista - un incontro urgente al provveditore regionale dell'Amministrazione Penitenziaria del Lazio per individuare un gruppo di lavoro che predisponga le regole da adottare per la consegna delle persone arrestate alle strutture di pena, ovvero il rilevamento dei servizi di piantonamento".
Nieri: fare chiarezza su ultime 72 ore di de cupis
"È necessario che si faccia chiarezza su tutto ciò che è accaduto nelle 72 ore che son trascorse tra il fermo di Cristian De Cupis alla stazione Termini, da parte della Polfer, e il suo decesso, presso il reparto detentivo dell'ospedale Belcolle di Viterbo. Si tratta di un fatto di estrema gravità, che richiede rapidi accertamenti da parte della magistratura, per dare rassicurazioni e giustizia alla famiglia e a tutta la comunità". È quanto dichiara Luigi Nieri, capogruppo di Sinistra, ecologia e libertà nel Consiglio regionale del Lazio.
"Si trattava di una persona senza un profilo criminale spiccato. Il ragazzo - prosegue Nieri - era uno dei tanti che oggi sono vessati da una legge di particolare severità, come quella sulle droghe".
"Chiedo alla Polverini - aggiunge il capogruppo - di rendere immediatamente pubblici tutti gli atti che ha in mano l'ospedale Belcolle di Viterbo, ricordando che la sanità penitenziaria è, da ormai più di tre anni, di competenza regionale. Va sgombrato subito il campo dal dubbio che vi siano state responsabilità omissive nei giorni del ricovero. A tal proposito abbiamo presentato un'interrogazione alla presidente". "Permangono comunque - conclude Nieri - su questa vicenda, molti dubbi e preoccupazioni su cui dovranno dare risposta le altre istituzioni".
http://detenutoignoto.blogspot.com/2011/11/giustizia-morte-innaturale.html
16 Novembre, 2011 - 17:49
Fonte: http://detenutoignoto.blogspot.com/2011/11/giustizia-morte-innaturale.html [4]