
La Stampa, 7 luglio 2011
Da alcune settimane qualche voce sta denunciando il disastro del sistema carcerario italiano. Vorrei portare a conoscenza la mia esperienza personale di libera cittadina italiana incensurata. Il mio compagno è in carcere da 6 settimane (per un reato minore), e sono assolutamente convinta che debba pagare il suo debito espiando la sua pena. Da allora non l’ho più visto. Ore e giornate perse. Per ottenere un permesso di visita al detenuto, da cui ho un figlio piccolo che però non porta il suo cognome, non basta dichiarare che egli è il mio convivente, né che è domiciliato presso di me, come risulta anche dalla detenzione domiciliare che ha espiato in casa mia durante la custodia cautelare.
Dovrei produrre un certificato di residenza comune. Ovviamente all’anagrafe se non si presenta il diretto interessato non si può ottenere nulla (tranne interminabili code ai più svariati sportelli). Bisogna ottenere il permesso dalla direzione del carcere come terza persona (?), a seguito di una domanda interna che deve presentare il detenuto stesso. Bene, a tutt’oggi due domande presentate senza risposta. Più volte nei giorni di apertura non rispondono nemmeno al telefono. La domenica è sempre chiuso. Il sabato è aperto due volte al mese. Ai due sabati di chiusura seguono anche (oltre le domeniche) i lunedì di chiusura.
Non basta. Nei giorni di apertura - dai 9 agli 11 giorni mensili - i colloqui coi detenuti si svolgono a seconda dei padiglioni di appartenenza. Quindi hai due giorni infrasettimanali disponibili e una volta al mese il sabato. Orario: 8 - 12,45. Una volta a settimana sino alle 15,30. Dimenticavo, dal momento della registrazione all’ingresso può capitare che trascorrano anche diverse ore di attesa all’interno, perché stanno “cercando” il detenuto. Totale tempo minimo impiegato per un’ora di colloquio: ore 3.
Senza il permesso non si possono consegnare pacchi alimentari. Da quando è entrato non hanno consegnato le lenzuola. L’erogazione dell’acqua è stata sospesa già due volte per periodi di 4 giorni. Niente docce. Ti lavi i denti e le mutande con l’acqua minerale (se te lo puoi permettere). 1.650 detenuti contro una capacità di 857.
Ho sempre creduto che la nostra Repubblica fosse un Paese civile. Porse dovremmo far pagare il biglietto d’ingresso per una visita guidata di questi “zoo umani”. Saremmo compiaciuti di constatare che la specie umana ha un istinto di sopravvivenza di gran lunga superiore alle bestie. La protezione degli animali ottiene risultati importanti, e non permetterebbe mai di vivere a quaranta gradi in una gabbia di 2 metri per 2. Il mio compagno sta scontando la sua pena nel carcere torinese Lorusso Cutugno ex Le Vallette. Io la sto scontando fuori, insieme ai famigliari di 1.650 ominidi.
Lettera firmata
http://detenutoignoto.blogspot.com/2011/07/lettere-il-mio-calvario-da-compagna-di.html
7 Luglio, 2011 - 19:57
Fonte: http://detenutoignoto.blogspot.com/2011/07/lettere-il-mio-calvario-da-compagna-di.html [4]