di Guido Vitiello pubblicato su Il Foglio, il 24/05/11
Gongolo, Pisolo, Eolo… Li conti e li riconti, ne manca sempre uno. C’è una connaturata tendenza a ridurre i sette nani a sei. Ma la regola del nano omesso (aristotelicamente, regola del settimo escluso) trova applicazione anche in meno fiabeschi contesti. Si prenda l’ultimo libro di Paolo Rossi, “Mangiare” (il Mulino), un saggio di storia delle idee su cibo e civiltà. Come tutti i libri di Rossi, documentatissima, autorevole, spiritoso. C’è un capitolo sugli scioperi della fame, e non manca proprio nessuno: le suffragette inglesi, il Mahatma Gandhi (e ci mancherebbe), Bobby Sands e i militanti dell’ira, il dissidente cubano Guillermo Farinas, i digiuni nelle carceri turche. Ce n’è anche per l’Italia: lo sciopero della fame a rotazione annunciato nel giugno 2010 da centoventi parlamentari del Pd in difesa dei lavoratori Eutelia. E siamo a sei. Manca nessuno? Gongolo, Pisolo, Eolo… Rossi li conta e li riconta, ma il nome di Pannella proprio non gli viene in mente.
Se è un caso, non è isolato: capita anzi che Pannella sia spesso il settimo nano che manca all’appello. Un altro esempio? Il dibattito sul “corpo del capo”, sul ritorno della fisicità nella politica italiana. Sono usciti fior di saggi che ripercorrono il tema fin dalle antiche teorie della regalità e da “I due corpi del re” di Ernst Kantorowicz. Vi si discute molto di Berlusconi, dei suoi lifting e del suo priapismo. Si rievoca di conseguenza il priapismo di Mussolini, immortalato dall’impareggiabile Gadda. Si ragiona sulle foto di Moro nel bagagliaio della Renault 4, e su Pasolini, su Padre Pio, sul culto dei santi, sulle reliquie, sulla mummia di Mazzini. Manca nessuno? Gongolo, Pisolo, Eolo… Ancora lui: Marco Pannella. Poco conta che abbia messo il corpo al centro della politica mezzo secolo fa, che abbia candidato Luca Coscioni, che abbia fatto eleggere Cicciolina, che abbia messo in scena i nudi del teatro Flaiano. Poco conta che, nel 2002, l’Italia ottenne il plenum della Consulta perché un anziano leader aveva bevuto la sua urina in tv. Non c’è verso, la riflessione sul corpo nella politica italiana non passa per lui.
Non è tutto. Abbiamo letto libri di rinomati politologi sul “partito personale”, tenuto assieme dal carisma del capo, che dai cieli della teoria weberiana scendevano agli esempi italiani recenti: Craxi, Mario Segni, ancora Berlusconi. Altri? Non pervenuti. Abbiamo letto saggi sulla politica all’epoca di Internet dove non c’è traccia dell’Agorà telematica di Roberto Cicciomessere (fine anni Ottanta) né delle elezioni online del comitato nazionale radicale, nel 2000, quando Grillo ancora spaccava i computer. Per tacere dei tanti libri su Sciascia o su Pasolini dove si cita con infastidita degnazione (sempre che lo si citi) il loro rapporto con i radicali, quasi fosse un’ineleganza e il nome di Pannella insozzasse l’indice analitico. Chissà quanti altri esempi si potrebbero fare (è come con i nani: impossibile ricordarli tutti). E non è necessario avere i radicali in simpatia per accorgersi che qualcosa non torna, che c’è una strana riluttanza a dare a Pannella quel che è di Pannella anche laddove parrebbe impossibile estrometterlo. Le ragioni di questa riluttanza – che vanno dalla mera disattenzione allo snobismo all’aperta avversione ci interessano poco. Ma in guardia: espungendo dalla riflessione sull’Italia quel piccolo e vulcanico laboratorio politico si ottiene non già di mettere i radicali ai margini, ma di restare ai margini di molte questioni cruciali. Ricordatevi di Brontolo.
Condividi [3]Fonte: http://www.perlagrandenapoli.org/?p=3480 [4]