Lo scorso 19 aprile si è tenuto a Roma, presso la Camera dei Deputati, il convegno dal titolo “La politica della trasparenza e dei Dati Aperti”.
Questo incontro, promosso da Radicali italiani e frutto di una collaborazione tra le associazioni italiane quali Agorà Digitale, Linked Open Data Italia e Radio Radicale, è risultato essere un’occasione per consentire un confronto tra le diverse personalità pubbliche, politiche, giornalistiche ed accademiche, al fine di illustrare il tema degli Open Data, presentare le iniziative sulla trasparenza, argomentare gli attuali progetti per il riutilizzo dei dati provenienti dalla Pubblica Amministrazione e pronosticare i possibili scenari futuri.
Con il termine Open Data (o Dati Aperti, nella lingua nostrana) si indica un movimento il quale promuove la completa e libera accessibilità dei dati, particolarmente quelli provenienti dalla Pubblica Amministrazione (P.A.), in modo tale da garantire una situazione di assoluta chiarezza e trasparenza. Analogamente priva di qualsiasi limitazione dovrebbe essere il riutilizzo di tali dati. Precisamente, si tratterebbe dei seguenti dati: i dati amministrativi, intesi quali informazioni raccolte e conservate da istituzioni pubbliche ai fini di controllo nei confronti di singoli individui ed altre entità; i dati statistici ossia quelli acquisiti mediante specifiche procedure che rispettino gli standard di qualità, ufficialità ed unitarietà ed aventi l’obiettivo di offrire un’informazione completa, affidabile, comparabile e neutra per le decisioni pubbliche, alla società, alle imprese ed ai privati cittadini. La disposizione combinata delle due operazioni succitate (pubblicità ai dati della P.A. e loro conseguente riutilizzo) consentirebbe sicuramente un miglioramento dei servizi pubblici.
Tale risultato non è assolutamente privo di riscontri reali e concreti: nel territorio americano, la liberalizzazione dei dati pubblici è stata sorretta da un’adeguata e solida normativa, entrata in vigore immediatamente dopo l’elezione del neo presidente Barack Obama. Tra i provvedimenti emessi, si rammenterà la Open government directive, che ha disposto la pubblicazione su internet di tutti i dati provenienti dalle amministrazioni governative (a titolo di esempio, per le visite alla Casa Bianca risulteranno essere disponibili, quali dati: le generalità dei visitatori; data e ora di accesso e motivo della visita).
Ancora, in Inghilterra la versione online del celeberrimo quotidiano The Guardian ha pubblicato una vasta libreria di dati provenienti dalle Pubbliche Amministrazioni, contenente le informazioni più disparate e al tempo stesso utili per gli utenti: ad esempio, i diversi utilizzi dei tributi corrisposti dai cittadini agli enti pubblici oppure il grado di diffusione delle energie rinnovabili nei diversi territori continentali. Tali informazioni sono rappresentate mediante schemi grafici, così da rendere immediata ed esaustiva una loro comprensione. Non solo, attraverso il loro riutilizzo è possibile ottenere un prodotto informativo del tutto nuovo e al tempo stesso completo, frutto del contributo di tutta la comunità dei soggetti, apportando, ciascuno di essi, la propria conoscenza. Sulla falsariga dei modelli statunitensi e britannici , molti altri Stati hanno cominciato, così, ad aderire alla “politica” degli Open Data. Tra questi: Austria, Australia, Belgio, Canada, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda e Polonia.
Naturalmente, anche l’Italia ha accolto la filosofia dei Dati Aperti. In particolar modo, il Partito Radicale, già da tempo, promuove due importanti iniziative. La prima di esse è l’ “Anagrafe Pubblica degli eletti e dei nominati”. La campagna, avviata del 2008, mira ad estendere il principio di trasparenza presso le istituzioni politiche europee ed italiane, mirando alla pubblicazione nella rete internet dei dati patrimoniali di tutti i politici eletti e di coloro che ricoprono un ruolo politico pubblico: reddito, pensione, rimborsi spese (compresi staff, spese telefoniche e dotazione informatica, proprietà immobiliari, pacchetti azionari detenuti, incarichi ricoperti in consigli di amministrazione ed in altri organismi, dichiarazione dei finanziamenti ricevuti, dei doni, dei benefici). Ma anche gli atti presentati con iter fino alla conclusione ed il quadro delle presenze ai lavori e i voti espressi. Informazioni, queste, indispensabili a garantire al cittadino un voto consapevole. Ovviamente, è possibile sottrarsi alla pubblicazione dei dati appena elencati, semplicemente appellandosi alla legge sulla privacy. Dunque, il progetto intende assicurare la trasparenza dell’attività degli eletti e, al contempo, il diritto al cittadino di conoscerla, anche nelle fasi del processo decisionale. L’iniziativa ha sortito gli effetti sperati: tra il 2008 ed il 2009 Camera e Senato hanno pubblicato sul loro sito web i dati inerenti alla presenza dei parlamentari in aula, rilevati mediante un sistema di riconoscimento biometrico per il voto elettronico. Inoltre, nello stesso anno, è stato approvato in sede Europarlamentare il rapporto Marco Cappato, rendendo in tal modo possibile l’accesso ai documenti emessi dalla Commissione, dal Consiglio e dal Parlamento Europeo.
“Parlamento Wikileaks”, ossia la seconda iniziativa portata avanti da Radicali italiani, consiste in un’operazione che ha quale obiettivo la liberazione di dati ed informazioni dei contratti (digitalizzati sulla rete internet) e delle collaborazioni conclusi dalla Camera e del Senato. In questo modo, è consentito al cittadino poter comprendere i settori in cui vengono impiegate le risorse economiche e gli appalti conferiti alle aziende (in effetti, è stato soltanto in questo modo che sono stati svelati gli sprechi e gli scandali collegati a Milano 90). Vi sono, inoltre, anche altre associazioni che, in questa direzione, si stanno mobilitando. Linked Open Data e Open Polis stanno collaborando al progetto Open Bilancio per consentire la pubblicazione dei bilanci degli 8094 Comuni italiani dal 1998 ad oggi, così da connetterli ad altri dati pubblici in modo da permettere una comparazione tra i Comuni attraverso un filtro per singole voci di bilancio. Quindi, i dati di bilancio sarebbero messi immediatamente in relazione con i responsabili politici ed amministrativi (in particolar modo i sindaci), tali da stilare, mediante apposite applicazioni, una graduatoria della città ideale, così come un rating dell’efficienza di sindaci ed amministratori.
La Regione Piemonte, sensibilizzata a questa politica, è stata la prima regione ad offrire online i dati pubblici in possesso della Pubblica Amministrazione (relativi , ad esempio, al sistema educativo e alla dotazione ICT), sul sito www.dati.piemonte.it [3], mettendoli a disposizione di cittadini e imprese (evitando la pubblicazione dei file in PDF, che impedisce la modifica di detti file e, quindi, il loro riutilizzo) . La finalità è quella di favorire la nascita di un nuovo rapporto fra pubblico e privato, in modo tale da favorire lo sviluppo di iniziative imprenditoriale. Dalle iniziative appena descritte, risulta evidente che, per quanto possa esser stata edificata una straordinaria mobilitazione di opinione pubblica ed istituzionale per rendere i dati della P.A. di Pubblico Dominio, da sola non è comunque sufficiente: è necessaria, alla base, una solida regolamentazione normativa.
La tematica della trasparenza soltanto recentemente è stata oggetto di un provvedimento legislativo: il D.Lgs. 150/2009 (la cd. Riforma Brunetta), attuativo della Lg. 15/2009. L’articolo 11, nell’ambito della trasparenza, appare emblematico da un punto di vista giuridico, in quanto provvede a fornirne una definizione. Recita, al primo comma: “La trasparenza è intesa come accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche, delle informazioni concernenti ogni aspetto dell'organizzazione, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all'utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati dell'attivita' di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità. Essa costituisce livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione”. Quindi, secondo l’art.11, la trasparenza è definita come “accessibilità totale” su ogni aspetto organizzativo: gli andamenti gestionali, l’utilizzo delle risorse, dei risultati dell’attività di misurazione e valutazione, con il fine di favorire forme diffuse di controllo. In questo modo, sono previsti obblighi alle singole amministrazioni e ai componenti da loro nominati (dirigenti e responsabili) fino alla cessazione della loro carica, quali la pubblicazione delle retribuzioni e dei curricula. Secondo la normativa, le Amministrazioni adottano un Programma triennale per la trasparenza e l’integrità, contenente iniziative finalizzate a consentire un adeguato livello di trasparenza, legalità e sviluppo della cultura dell’integrità. Gli indirizzi, gli obiettivi strategici, così come i risultati organizzativi e individuali raggiunti sono presentati alle associazioni dei consumatori e ai centri di ricerca, mentre i dati inerenti alle retribuzioni, ai premi e ai curricula dei dirigenti, dipendenti e titolari di incarichi di indirizzo politico amministrativo vengono pubblicati sui siti istituzionali delle P.A.. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi sopra elencati, viene irrogata una sanzione: il divieto di erogazione della retribuzione di risultato per i dirigenti preposti.
Il Decreto Legislativo non è, tuttavia, esente da critiche: infatti, la legge non specifica espressamente che l’obbligo di trasparenza debba essere riservato anche ai Capi di Gabinetto, in quanto non dirigenti, esonerandoli, dunque, dall’ attività appena esplicata. Consentire la diffusione dei dati pubblici renderà, quindi, agevole l’attività di informazione da parte dei relativi operatori nel settore: soltanto mediante la presenza di banche dati “trasparenti” nella Pubblica Amministrazione, i giornalisti potranno reperire tutte le informazioni pertinenti sugli eletti a cariche politiche. In effetti, chi esercita dette cariche, dovrebbe rendere di Pubblico Dominio tutti i dati propri e dei prossimi congiunti. E’ altrettanto vero, tuttavia, che, tra i dati potenzialmente suscettibili di circolazione, potrebbero figurare anche quelli “riservati” (quali l’appartenenza ad un status economico-sociale non molto elevato oppure l’acquisizione di benefici – soprattutto di natura economica – in quanto portatore di handicap), meritevoli di un controllo efficiente e completo.
Purtroppo, la mancanza di regole internazionali condivise crea una carenza di controllo sui dati aperti così diffusi , nonché una difficile qualificazione sulla liceità degli stessi. Ed è proprio per questo che l’Autorità Garante per la protezione dei Dati Personali, preoccupandosi di assicurare una corretta e lecita diffusione di tali dati, risulta incline ad un confronto con i gestori dei siti internet che favoriscono il fenomeno degli open data, potendo, in tal modo, discutere sui princìpi vigenti.
In questo modo, dunque, sarà possibile consolidare una “cultura dell’informazione” in cui, maggiore è il livello di informazione trasmessa, e, proporzionalmente, maggiore sarà la “forza” di chi la ottiene. Dal quadro complessivo delineato finora emerge che, rispetto ad un interesse che giunge da soggetti istituzionali (quali l’ISTAT), una vera e propria trasparenza risulta essere ancora lontana. Attualmente, infatti, soltanto il 50% dei Ministeri ed il 42% degli enti pubblici non economici nazionali si sono conformati alle guidelines sulla trasparenza.
Soltanto applicando i punti che seguiranno, sarà possibile poter rendere concreta, ma soprattutto in tempi rapidi, una totale trasparenza:
1) Gli open data devono essere sostenuti da un punto di vista giuridico, in modo tale che tutti possano accedervi e riutilizzarli (ad esempio, mediante una licenza Creative Commons);
2) Creare una licenza giuridica ad hoc che consenta il riutilizzo dei dati, ridimensionando al massimo le restrizioni (il sito opendata.org fornisce una possibile soluzione);
3) I dati aperti devono poter essere definiti anche sotto un aspetto tecnico, per poter garantire loro una massima diffusione . In effetti questo punto potrebbe essere raggiunto soltanto rendendo disponibili i dati allo stato grezzo (Raw Data), così da poter essere letti sia dalle persone che dai computer (dunque, in versione informatica);
4) I dati devono essere facili da reperire. In proposito, nella rete si stanno diffondendo numerosissimi data set (come data.gov.uk; dati.piemonte.it)
5) Creare un punto di contatto tra i gestori dei dati e i ri-utilizzatori, così da renderli edotti sull’esistenza di tali dati e sulla loro reperibilità.
Fonte: http://www.agoradigitale.org/la-politica-della-trasparenza-e-dei-dati-aperti-roma-19-aprile-2011 [4]